A cura di Teresa Lucianelli
Rraù: “che bella invenzione!” direbbe Totò.
“Come lo sai fare tu, non lo sa fare nessuna..!” La voce di Eduardo riecheggia al solo pensiero di questo elaborato sugo amato dagli autentici buongustai e cultori della cucina partenopea.
Ed inevitabilmente affiorano i ricordi dell’infanzia, con una nonna – o, nel mio caso, un nonno – che si alzava presto la domenica mattina per preparare l’autentica bontà, mentre Angelina, solerte governante di casa fino all’età della meritata pensione, impastava gli gnocchi, rigorosamente con patate e farina. Belli sodi, tipo strangolaprievete.
E, parlando di Ragù, non posso non pensare ai fine settimana della mia adolescenza, trascorsi spensieratamente a Sant’Agata sui Due Golfi – quando non si andava a Positano – con pranzo al Don Alfonso, nel tempio dell’Alta Cucina Mediterranea – altra passione di nonno – davanti al profumatissimo e fumante Vesuvio di Rigatoni, sublime esempio di trasformazione di un piatto tradizionale della cucina napoletana, la pasta al forno, in portata di alta cucina, capolavoro del mito Alfonso Iaccarino.
Un cult sempre richiestissimo dalla clientela mondiale, che riesce a donare ogni volta un’emozione.
Reminescenze a parte, ho accolto con entusiasmo la notizia relativa alla prima settimana del ragù napoletano in quaranta locali noti della città: Ragù 7 su 7, in programma dal 26 febbraio al 4 marzo, promossa dal Luciano PignataroWine Blog e dal sito MySocialRecipe, con il patrocinio della Camera di Commercio di Napoli.
“Per la prima volta nella sua ricca e lunga storia gastronomica Napoli celebra il suo piatto più amato e più raccontato: ‘O Rraù” – dichiarano i promotori di questo piatto pubblicizzato come povero che povero non è, giacchè la carne fino a mezzo secolo fa era un lusso.
Un piatto apparentemente semplice, che intriga i migliori cuochi ed è ormai gourmet.
“Il piatto dei piatti” in Campania, che ha conquistato le regioni confinanti, il Sud, estendendosi in varianti meno dense di quella di eduardiana memoria, anche alle altre regioni della Nazione, per un semplice motivo: perché è buono!
L’iniziativa, che vuole essere “un atto di amore”, coinvolge un ittiti gruppi di ristoranti e trattorie che promuovono la cucina partenopea. I titolari sono stati invitati a mettere in carta, per una settimana, piatti a base appunto di ragù, nella versione classica, nella variante di famiglia o/e in una moderna interpretazione. Racconteranno questo saporitissimo sugo, proponendolo in tantissime maniere che la fantasia e l’ingegno del popolo partenopeo e dei suoi chef – da quelli eccellenti e famosi a quelli che lavorano con grande impegno nell’ombra – hanno creato con mirabile abilità, in nome del buon gusto e della Cucina napoletana sovrana. Tutte invitanti, appetitose e sane, a base degli ingredienti tradizionali adoperati da secoli sul territorio.
Sua maestà o’ Rraù verrà servito con la pasta – preferibilmente rigatoni, paccheri o candele spezzate, ma è stupendo anche con gli gnocchi ed i fusilli e… – con le sugose polpette oppure con sfiziose tracchie, ovvero le costine di maiale, con le braciole – come a Napoli vengono chiamati gli involtini di carne ripieni e pure di cotenna di maiale – con i pezzi di vari tipi di carne e pure con le salsicce…
Insomma, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le esigenze, oltre che per tutte le tasche!
Ecco le attività che aderiscono all’iniziativa “Ragù 7su7”. Tra esse, alcune hanno fondato il proprio successo proprio sul sugo tipico partenopeo e sulle pietanze caratteristiche della città come Ieri, oggi, domani, erede dell’altrettanto famosa La Fila, che ha quale specialità regina il ragù, oltre alla genovese, altra bontà del posto e presenta per l’occasione la Mozzarella di bufala al ragù, da 170 grammi, sciolta nel forno a legna, farcita con tracchia da 200 grammi (Buonanno, Moiano), cotta nel ragù napoletano, basilico formaggio, poi chiusa e strozzata, accompagnata, volendo dalla Montanara al Rraù; la Zì Teresa, che ne fa il suo cavallo di battaglia al pari delle specialità di mare; ragù stellato e personalizzato per Palazzo Petrucci e Il Comandante; tradizionale e richiestissimo da leccarsi i baffi dal famoso Da Umberto, nella zona salottiera e chic della città; poi c’è Dalle figlie di Iorio che lo propone anche sulle rinomate pizze di Teresa; il centrale e dinamico Mimì alla ferrovia; la vomerese Gorizia, tra le aziende storiche, come Osteria da Tonino, Ciro a Santa Brigida, Leon d’oro e Da Ettore; ed ancora i noti Carmnella; Cantina di Triunfo; A taverna d’ò re; Antonio La Trippa; Dalle sorelle; Gourmeet; Hostaria la campanella con le due sedi; Il Macello; Il Ristorantino dell’avvocato; La cantina de’ Mille; La cantina di via Sapienza; La cucina di Elvira; La stanza del gusto; La taverna del buongustaio; L’altro loco; Locanda ‘ntretella; Osteria da Carmela; Osteria della mattonella; Osteria la chitarra; Osteria Partenope; Ristorante Europeo Mattozzi; Taverna dell’arte; Veritas; Il Cerriglio; in chiusura, ma non ultima anche la catena Rossomodororo, con la sua sede di via Partenope.
Tutti ristoranti di qualità nota.
Ciascuno dedicherà un angolo all’iniziativa con materiale divulgativo e due prodotti simbolo del ragù: il pomodoro San Marzano e la carne, accompagnati da buon vino. Partner: Solania; Sabatino Cillo; Santacosta con la linea Don Andrea (famiglia Pagano); Birra Valsugana del Birrificio Perrella.