A cura di Teresa Lucianelli
Stasera, sabato 8 agosto, alle 21,00, ancora qualità e grande interpretazione alla seconda serata della XVII edizione del Positano Teatro Festival, Premio Annibale Ruccello, diretto da Gerardo D’Andrea. La rassegna quest’anno è in inversione necessariamente ridotta, per il covid: solo tre serate ma qualità indiscutibile, a differenza delle ultime edizioni in cui vi sono stati ben 13 giorni di spettacoli per complessivi 16 occasioni di teatro.
L’importante, in questa situazione sanitaria di pandemia, è che di sia riusciti comunque a non fare saltare la manifestazione.
Alle ore 21 di oggi, dunque, in scena “Ritornanti”, di, con e per la regia di Enzo Moscato, insieme a Giuseppe Affinito – responsabile anche dell’organizzazione – presentato dalla Compagnia Teatrale Enzo Moscato e da Casa del Contemporaneo, recital da
“Spiritilli” “Palummiello” “Cartesiana“.
“Forse, l’atteggiamento che pratico di più, e più spesso, è ri-tornare, ri-percorrere, ri-sentire, ri-pronunciare, con le mie cose di teatro… Soprattutto all’ indomani della prima di un nuovo spettacolo, quando, magari, e miracolosamente, mi sia riuscito di mettere a punto qualche significativa svolta, formale o tematica, lungo il mio, non sempre lineare, camminare drammaturgico: qualche nuova rottura, qualche nuovo azzardo, qualche inedito desiderio di “ferita” o salto, linguistici, nell’ ignoto vuoto dell’“espressivo” (rubo, con piacere, questo termine, ad Anna Maria Ortese)” – spiega Moscsto nella presentazione.
E osserva: “nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero venir considerati finiti, de-finiti, esautorati. Morti.”
Con razionalità considera che “il nomadismo della ricerca, lo spostamento continuo del limite attraverso i suoi territori, non dovrebbe esser disgiunto mai dal rassicurante, naturale, portarsi appresso sempre le proprie cose, il proprio passato, le proprie masserizie, ideologiche o grammaticali…”
“Non per riproporli, certo, così come sono o come sono stati, bensì per fare esattamente il contrario: farli agire, respirare, dibattersi, accanto o dentro un nostro spirito cambiato, nuovo; accanto o dentro un nostro differente modo di capirli o percepirli, e, con essi, con questi “altri” sentimenti, investirli, nutrirli, vivificarli. In una parola: ri-amarli – precisa Moscato –
… Sperare che anche il pubblico sia colto dallo stesso, medesimo, irresistibile ‘coup de foudre’, attraverso l’artista.
Domani sera, invece, domenica 9 agosto, ancora all’Anfiteatro di Piazza dei Racconti, alle 20,45 Roberto Azzurro in “L’arte di Bonì”, monologo da lui scritto diretto ed interpretato, ispirato alla biografia del dandy Boniface de Castellane, presentato da Ortensia T. Al pianoforte, Matteo Cocca
Considerato tra gli uomini più eleganti del suo tempo, il conte Boniface de Castellane pubblicò a Parigi nel 1925 “L’arte di essere povero”, libro di memorie ispirato al divorzio dall’ereditiera americana Anna Gould, da cui scaturì questi lavoro. Personaggio discusso, dilapidò le ricchezze della moglie per comprare abiti di lusso, oggetti d’antiquariato, cavalli e castelli, e per costruire quel Palais Rose dove il “Re di Parigi” dette feste rimaste nella storia della “folle” Belle Époque.
Mente lucidissima, viaggiatore, collezionista, mercante d’arte, dietro la maschera del dandy, Bonì, fu pure un politico acuto e vivace.
Sul palco, come un attore di un immaginario circo/cabaret, appare in abito da sera e a luci spente, Marie Ernest Boniface Conte de Castellane, passato alla storia come Bonì le roi de Paris, mentre il pianoforte contrappunterà tutta la spettacolare conferenza – storicizzando le epoche con un repertorio tra Chopin e Bach, tra Dvorak e Mozart – ripercorrendo la sua vita dorata e il tempo della crisi, vissuti tenendo a mente le semplici regole de “L’arte dell’essere povero”.. perché se nascere ricchi è una fortuna, solo essere poveri può diventare un’arte.
Di seguito, il Premio Pistrice Città di Positano, verrà consegnato dal sindaco Michele De Lucia a Gabriele e Daniele Russo, figli d’arte hanno ricevuto dalle mani del papà, Tato Russo, il compito di continuare l’opera di direzione e conduzione del Teatro Bellini di Napoli – producendo spettacoli tratti dai testi dei più significativi autori del ‘900, da Osborne a Moravia, da Patroni Griffi a Viviani, collaborando con registi quali Luciano Melchionna, Alessandro Gassman e Roberta Torre – “per l’eccellente prova, rispettivamente di regista e interprete, dell’apprezzato spettacolo “Le Cinque rose di Jennifer”, in scena nella stagione appena conclusa a Napoli al teatro Bellini.
Conduce Marina Carpi.
Il Premio Pistrice Città di Positano 2020 viene assegnato a Gabriele Russo “per aver utilizzato in maniera filologicamente appropriata testo e sottotesti di uno dei più profondi copioni concepiti dal genio di Annibale Ruccello, per un disegno registico ineccepibile ed originale, immergendolo in una inquietante e drammatica contemporaneità”.
E viene assegnato a Daniele Russo “per aver espresso il dramma di Jennifer, a cui ha donato umanità, dolore, ed ironia, senza mai cadere nel facile e scontato luogo comune, riuscendo a rendere visibili i fantasmi della sua vita devastata dall’inguaribile male di vivere”.
Intanto, la prima serata di ieri ha visto presente un pubblico di qualità.
Dato di rilievo in linea con vent’anni di attività di questa rassegna che si ingrandita fino a diventare un importante punto di riferimento per chi vuole osservare con sguardo attento la drammaturgia selezionata e contemporanea, italiana come estera.
Alla presenza del sindaco di Positano, Michele De Lucia e rappresentanti della Giunta, Mariano Rigillo ha ritirato l’ambito (e fragile) premio creato da Chiara Dynis, salvato in extremis mentre cadeva dalle mani del premiato, con una presa lampo dalla conduttrice Marina Carpi.
Rigillo ha poi omaggiato i presenti con un’applauditisdima performance.
Attore italiano di indubbio spessore, intenso interprete di Viviani, già dagli anni ‘70 protagonista di “Napoli, notte e giorno”, per Peppino Patroni Griffi, Rigillo è stato premiato quale “artista e maestro della scena nella cui carriera si sono felicemente congiunti e intrecciati la raffinata ricerca culturale, la versatilità del grande attore e l’umanità del mentore che infonde fiducia e tramanda esperienza”.
La serata inaugurale di è aperta alla grande con un’apprezzatissima interpretazione della brava Antonella Morea in “Don Rafele, ‘a Zucconas e Bammenella. Il mondo della poesia e della musica di Raffaele Viviani”, un intenso percorso drammaturgico scritto dall’altrettanto brava sorella Delia Morea, fine scrittrice di testi teatrali e di romanzi, dedicato ai personaggi femminili – intensi, toccanti, patetici, soprattutto veri nella loro limitatezza e nei loro errori che ne hanno segnato le vite – del grande autore stabiese.
Curato da Gerardo D’Andrea, lo spettacolo ha fornito l’occasione per ascoltare le più belle canzoni, i monologhi e le poesie di Viviani, di cui Antonella Morea è eccellente e apprezzatissima interprete, accompagnata dall’ensemble musicale diretta dal maestro Mariano Bellopede (pianoforte), Franco Ponzo (chitarra) e Gianluca Mirra (batteria e percussioni).
Meritati condensi pure per i bei vestiti di scena, creati da Pinù, presente ed applaudito dal pubblico.