Se avessero avuto la possibilità di partecipare alla visita di Matteo Renzi a Pompei, di ritorno dall’incontro con Barack Obama a Washington, Giulio Polibio e Giulio Cecilio Giocondo l’occasione non l’avrebbero persa. Il “potere è potere” e dove si sentiva solo il suo odore loro due erano presenti. Giulio Polibio cominciò la sua attività lavorativa come fornaio, per poi diventare tra i più potenti della Pompei di “qualche” anno fa. Tanti gli affari, anche pare nel campo della prostituzione, ma allora era un “business” lecito con i “lupanari” ben strutturati e redditizi. L’altro, Giulio Cecilio Giocondo, era un banchiere di spicco e quando fiutava un buon affare non lesinava in investimenti. Purtroppo i due con molta probabilità non riuscirono a sopravvivere all’eruzione che distrusse Pompei quel 25 di ottobre del 79 d.C.. Se però fossero stati presenti alla presentazione dell’Expo e avessero ascoltato gli interventi del presidente del Consiglio Renzi, del ministro Franceschini dei Beni culturali e del ministro Martina delle Politiche agricole, nel complimentarsi con loro per i bei propositi per il rilancio del “più straordinario rudere classico del mondo”, qualche interrogativo se lo sarebbero posto. Certo, per l’Italia moderna quell’eruzione del 79 d.C. fu una tragica fortuna. Scattò una memorabile fotografia a una importante realtà territoriale dell’epoca che fu. Fermò la vita, in tutti i sensi, insieme a quella di migliaia di persone, nei momenti più impensati della loro quotidiana intimità. Una cosa così unica, avrebbero pensato i due antichi pompeani, va conservata perché è un dovere difronte all’umanità. Ben vengano, allora, l’apertura dei vari cantieri per arginare il degrado, ma bisogna inventarsi qualcosa di più continuativo per evitare che si possano ripetere nel futuro gli errori del passato. Bisogna organizzarsi anche per catalogare i “tesori nascosti” ammassati nei depositi della stessa Pompei e nel Museo Nazionale di Napoli. C’è bisogno di una legge su misura per Pompei che comprenda anche Oplonti, con la sua villa di Poppea Sabina, Stabia, Ercolano, anche per continuare a scavare, perché c’è ancora tanto da scoprire. Se Venezia ha una legge ad hoc perché ritenuta “problema di preminente interesse nazionale”, immaginarsi i luoghi testé citati.
Giulio Polibio e Giulio Cecilio Giocondo non si sarebbero limitati a ipotizzare come conservare al meglio il “capitale”. Avrebbero pensato anche a farlo fruttare. In media al giorno i visitatori di Pompei sono circa diecimila. Un turismo però “mordi e fuggi” che lascia pochi spiccioli nell’area interessata al fenomeno. Eppure in quell’area i livelli di disoccupazione, soprattutto giovanili, fanno paura. I vecchi poli industriali di Castellammare di Stabia e di Torre Annunziata non ci sono più. C’è la povertà e il malaffare che si possono combattere solo con posti di lavoro. Bisogna ipotizzare il nuovo, come giustamente ha affermato il presidente Matteo Renzi, utilizzando e “sfruttando” il passato. Ma per fare questo c’è bisogno di norme che incentivino l’interesse del turista a soggiornare in certi luoghi; che premino, con finanziamenti ad hoc, soprattutto i giovani che hanno idee per “far fruttare il capitale” Pompei.
I privati sono stati visti sempre con il “fumo negli occhi” nella gestione dei beni culturali nel nostro paese. Forse per la paura che il familismo italico amorale potesse premiare i soliti noti sfruttatori. E’ il caso di ragionare in modo diverso se si vogliono conservare e valorizzare i nostri tesori.
“Un’ occasione – l’Expo – per cambiare l’impostazione e l’approccio del Paese. Per tornare a fare l’Italia”, sintetizza alla fine il presidente del Consiglio. “Speriamo”, avrebbero affermato i due antichi imprenditori pompeani. Ma poi avrebbero chiesto lumi su come investire, su come poter utilizzare quel “capitale Pompei” per troppo tempo non curato, sottovalutato nei fatti anche se a parole ritenuto il fiore all’occhiello del paese. “Speriamo” che questa volta sia quella buona, che “la politica” si guardi un po’ intorno e non inventi, ma copi con spudoratezza quello che ci può aiutare. Se al museo Guggenheim di New York, ad esempio, spendendo una bella cifra si può passare una notte dormendo in un letto girevole e in pigiama visitare le sale con le opere d’arte esposte, si pensi a che si potrebbe organizzare nella casa dei Vettii o nella villa di Poppea ad Oplonti. Una vera e propria favola, con tanti posti di lavoro nuovi di zecca.
A cura di di Elia Fiorillo