Pino Daniele: tra un mese si sapra’ se poteva salvarsi
Pino Daniele si sarebbe potuto salvare con un intervento diverso o piu’ tempestivo? “Troppo presto per dirlo. I primi risultati si avranno non prima di un mese” sostiene il professor Vittorio Fineschi, il medico legale
nominato dalla Procura di Roma che sta effettuando con altri
specialisti gli esami autoptici sul corpo del cantautore morto
il 4 gennaio scorso. Luisa Regimenti, medico legale consulente della seconda
moglie del cantante, Fabiola Sciabbarrati, sottolinea invece che
“le condizioni cardiologiche di Pino Daniele destavano
preoccupazione dal 2 gennaio”.
Alcuni quotidiani oggi avanzano l’ipotesi di un problema ad
un bypass tra le cause del decesso. Ma “qualunque fosse la
lesione cardiaca – spiega ancora Regimenti – essa si produsse in
un lunghissimo tempo. Ne consegue che la tempestivita’ dei
soccorsi o il loro ritardo sposta di molto l’esito e le
responsabilita'”. Mandare indietro l’ambulanza chiamata a casa e
decidere di partire per Roma dalla campagna tra Magliano e
Grosseto sarebbe stato, a suo avviso, “una grave imprudenza”.
Dal canto suo Amanda Bonini, la compagna di Pino Daniele e
l’ultima persona ad averlo visto in vita, parla di “accanimento
del destino” e “tragica fatalita'”. La donna, che ha ripreso il
suo lavoro di insegnante, si dice “serena” visto che “l’amore e’
rispetto” e lei non ha fatto altro che rispettare la volonta’ del
compagno.
Del resto, spiega all’ANSA, “Pino Daniele era determinato e
autoritario. Non voleva farsi mettere le mani addosso da nessuno
che non fosse il suo cardiologo di fiducia. Non lo abbiamo
contraddetto per non farlo agitare di piu’ – spiega – e nessuno
avrebbe potuto fargli cambiare idea” sul da farsi.
Amanda aggiunge dettagli su quanto accaduto durante l’ultimo
viaggio disperato verso il S.Eugenio di Roma: “Pino riferiva
continuamente i sintomi di quello che gli stava accadendo. Ho
parlato piu’ volte al telefono con il suo cardiologo. Pino non
aveva i sintomi dell’infarto e ad un certo punto ha detto di
sentire un formicolio alle gambe pensando che si trattasse di un
ictus”. Un viaggio ad alta velocita’ in cui i due avrebbero
parlato finche’ “quando il navigatore satellitare indicava sei
minuti al raggiungimento dell’ospedale, Pino ha smesso di
parlare. Credevo che fosse svenuto”, aggiunge.
Amanda parla di “un grande amore, un incastro perfetto, una
storia fatta di progetti” e dice di sentirsi “come Cristo in
croce” e di avvertire “un grande vuoto”.
“Sapere che Pino e’ morto per una causa piuttosto che per
un’altra non lenisce il dolore”, continua Amanda, che conclude:
“Quando mi sveglio la vita e’ un incubo e a volte penso che non
vorrei svegliarmi piu'”.(ANSA)