Il cognome di tanti, il destino di pochi. La fama dietro al pallone, quella per cui l’Italia e
tutto il mondo ora lo piangono. Paolo Rossi, Pablito, e’ morto in
ospedale a Siena, dove un male incurabile se lo e’ portato via
troppo presto. Una partita persa, questa, a 64 anni a dispetto
di tutte quelle che nella vita lo hanno reso un grande: anzi
l’eroe, quello del Mundial ’82. Capace di ribaltare i valori in
campo, di segnare tre gol al colosso Brasile e traghettare la
piu’ piccola Italia al trionfo iridato. Eppure “Paolo Rossi era
un ragazzo come noi…” avrebbe cantato Antonello Venditti anni
dopo, celebrando quel centravanti normale, dal fisico esile e
dalle ginocchia fragili, ma col fiuto del gol che solo i piu’
grandi conoscono. “Ho fatto piangere il Brasile, in quella coppa
c’e’ tutta la mia vita” raccontava spesso il ragazzo di Prato col
sorriso e col garbo che da sempre tutti esaltavano insieme alle
sue doti palla al piede.
La morte e’ arrivata di sorpresa, nonostante la malattia che
pure stava affrontando con coraggio e la convinzione di poterla
domare. L’aggravarsi della situazione e nelle ultime ore tutto e’
precipitato. A dare l’annuncio la moglie, la sua seconda e
inseparabile Federica Cappelletti, dalla quale ha avuto due
bimbe (il primo figlio, oggi 38 anni nato proprio nell’82, avuto
dal primo matrimonio). “Nel momento in cui stava morendo e non
se ne voleva andare, io l’ho abbracciato forte e gli ho detto
Paolo, adesso vai, hai sofferto troppo. Staccati, lascia questo
corpo e vai. Io crescero’ le bambine e portero’ avanti i nostri
progetti” le parole e il dolore della compagna.
Un dolore che sta attraversando il Paese e il mondo intero.
“Sono dolorosamente colpito dalla prematura scomparsa di Paolo
Rossi, indimenticabile protagonista dell’Italia campione del
mondo” nell’82, il cordoglio di Mattarella, che ne ricorda
“garbo e umanita’ “. Bandiere a mezz’asta dalla Figc, a Coverciano
– la casa della Nazionale – ai comuni che ne hanno raccolto il
passaggio, omaggi e cordoglio dalle sue squadre (Juve e Vicenza
su tutte) e dalla Fifa, lacrime dai compagni che con Pablito
hanno condiviso la gioia di salire sul tetto del mondo. “Se ne
va un fratello” le parole di Antonio Cabrini, che con Rossi ha
condiviso stanza ed emozioni in quei 40 giorni del mondiale
spagnolo. “Un amico, era speciale” dice Dino Zoff. Marco
Tardelli e’ un altro di quei ragazzi, quello dell’urlo, e’
distrutto dal dolore: raccoglie i messaggi nella chat, sta
pensando ai fiori, in cui non manchera’ un cenno al sorriso di
Pablito. “Sempre e per sempre”, e’ il suo messaggio postato con
le foto piu’ belle, un ricordo che fa scattare la richiesta
popolare: ora fate Dino Zoff senatore a vita. A Tardelli ha
scritto anche Michel Platini, compagno di squadra di Rossi ai
tempi della Juve: “Era un grande, di talento, veloce e capiva il
gioco” dice le Roi. L’omaggio arriva anche dal Brasile, quel
Brasile eliminato e umiliato 40 anni fa. “Ci hai fatto piangere
allora, ora piangiamo te” dice Paulo Roberto Falcao, star dei
verdoro.
Nella seconda vita si era reinventato opinionista, ma anche
imprenditore: ritirato nella campagna toscana, a curare vigneti
e coccolarsi l’amore della sua famiglia e delle bimbe, che oggi
hanno scoperto davvero chi fosse il loro papa’ per il mondo
intero. Sabato i funerali nel Duomo di Vicenza, con i limiti del
Covid.
Una carriera osannata da tutti, a cui nemmeno il
calcioscommesse e pure la squalifica avevano tolto prestigio. Ha
vestito le maglie di Vicenza, Como, Perugia, Milan e Verona,
pero’ diceva sempre che quella del cuore era la azzurra. Che ha
fatto sognare e rendere magico un anno e quelli a venire, che
fatto di una nazionale l’incarnazione di un Paese. Gia’ , proprio
quella maglia azzurra che ha reso il signor Rossi Pablito per
sempre