È nato con parto cesareo a 34 settimane e cinque giorni di gestazione perché, secondo i medici, poteva esserci il rischio di morte intrauterina a causa della compressione del cordone ombelicale. Le sue condizioni di salute erano buone, tant’è che i medici non solo lo hanno mostrato alla mamma ma le hanno anche detto che, tempo due ore, necessarie all’adattamento del piccolo alle nuove condizioni e ai medici a tenerlo sotto osservazione, e lo avrebbero affidato nuovamente alle cure materne. Alle 23 del 27 maggio il piccolo, «per ragioni previdenziali, essendo prematuro» – si legge nella denuncia presentata in Procura dai genitori – il piccolo viene trasferito all’unità operativa di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, dove era nato poche ore prima: reparto Tin dal quale non è mai più uscito. Il neonato, difatti, è morto il 29 maggio per una brutta infezione: la setticemia. Una morte, secondo la denuncia presentata dai genitori, dovuta ad una serie di carenze igieniche che, nei giorni successivi, hanno causato altri decessi. Subito dopo la morte del bimbo, è stata presentata una denuncia in Procura. Il fascicolo è stato assegnato ma, al momento, l’inchiesta è ancora bloccata: a distanza, ormai di dieci mesi. «Non c’è giustificazione alla morte di nostro figlio – commenta il padre, Michele Pascarelli – si tratta di casi di infezione non giustificati ma che sembrerebbero più legati alla grave carenza nella prevenzione delle infezioni nosocomiali e per i quali vogliamo avere risposte».