Le modalita’ operative della criminalita’ organizzata di tipo mafioso non sono piu’ limitate all’esercizio della forza e dell’intimidazione (i mezzi tradizionali), bensi’ riproducono, in modo sempre piu’ accurato e sofistico, le normali dinamiche dell’impresa commerciale privata. “Noi le chiamiamo imprese legali criminali: sono legali nell’attivita’ e criminali nella proprieta'”, sottolinea l’economista Guido M. Rey, che ha coordinato l’analisi ‘La mafia come impresa’, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione col Cnel e l’Istat, presentato in un
convegno al Cnel. La mafia-impresa – si legge nello studio – ricorre a mezzi nuovi: sfrutta la tecnologia finanziaria, investe nell’economia legale, stringe accordi mutuamente vantaggiosi con imprenditori non legati alle organizzazioni criminali, partecipa a gare d’appalto e tende a controllare le procedure di aggiudicazione. “La finalita’ di controllo del territorio – ha detto il magistrato Gianfranco Donadio, ex sostituto alla Direzione nazionale antimafia – e’ solo un obiettivo marginale delle nuove forme di criminalita’ organizzata, perche’ la finalita’ primaria e’ quella dell’accumulo di capitali, mediante il riciclaggio e il re-investimento dei proventi di tipo illecito”. Di fronte ad un fenomeno cosi’ complesso e pervasivo, la strategia di contrasto non puo’ fondarsi esclusivamente sulla repressione, attraverso il diritto penale – si sottolinea nel volume – sono infatti necessarie politiche di prevenzione capaci di anticipare l’infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto legale, tracciando e inseguendo il movimento dei capitali che
hanno un’origine illecita. La sanzione penale deve intervenire, ma solo come extrema ratio, quando non e’ stato possibile, attraverso altri strumenti, prevenire l’illegalita’.