In centinaia di nuovo in corteo ieri, dal Lungomare fino in Regione, con tanto di carro funebre e con il manifesto o ci ascoltate o rischiate le quattro giornate. La protesta organizzata da Fipc Confcommercio si è conclusa sotto Palazzo Santa Lucia: qui, nel piazzale, imprenditori di ogni settore hanno appoggiato sull’asfalto una bara col tricolore, per simboleggiare il «pianto delle imprese del 2 novembre nell’era del Covid». Con lo slogan diventato famoso nelle proteste degli ultimi giorni («Duemetri di dissenso»),a sfilare sono stati diverse centinaia di lavoratori, tra artigiani, ristoratori, gestori di discoteche, localinotturni, mamme, qualche titolare di b&b, parrucchieri, partite Iva. Dopo un requiem suonato con le trombe, via al corteo verso Palazzo Santa Lucia, «Sono un ristoratore di via Santa Chiara – spiega marciando Francesco Spagnuolo del Monastero Ristovino – E sono qui perché ho chiuso la mia attività già da due settimane, tranne che nel weekend: io senza turisti non incasso niente. Questo lockdown occulto è peggio della chiusura. Meglio chiudere 20 giorni e poi ripartire piano piano. Cosi non ha senso. Ed è difficile continuare senza certezze sui ristori». Il frontedei barnon ha partecipato unito alla marcia, ma al fianco dei manifestanti c’era Massimo Di Porzio, presidente di Fipc Confcommercio Napoli. Tra gli organizzatori c’è Alessandro Esposito, imprenditore nel settore delle discoteche,