A Cura di Valentina Busiello
Sergio Talamo, giornalista e docente, è direttore Comunicazione e Trasparenza di Formez PA. Quando parla del suo istituto, in cui lavora da 18 anni, non cede a nessuna enfasi, eppure tradisce qualcosa che assomiglia all’orgoglio. E non solo perché Formez ha 55 anni di vita ed è un pezzo della storia del Mezzogiorno e della pubblica amministrazione, ma soprattutto per quello che può fare nel presente e nel futuro del nostro Paese. “Formez – dice Talamo – ha accompagnato lo sviluppo italiano. E’ nato come una struttura di formazione per i dirigenti e per l’industria del Mezzogiorno, poi – dopo la fine della Cassa per il Mezzogiorno – fu trasformato in un ente collegato al Ministero della Pubblica Amministrazione, e da allora agisce su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. Le sedi sono tre, Roma, Napoli e Cagliari, e tre sono anche i suoi asset principali: l’assistenza tecnica per la migliore gestione dei fondi europei, le selezioni per i concorsi pubblici con il modello Ripam e varie attività di prima linea nelle riforme pubbliche legate al digitale, alla comunicazione e alla trasparenza”.
Talamo, cos’è in pratica questa “trasparenza”, di cui si parla tanto ma che si vede ancora poco?
“La trasparenza totale è la grande novità della legislazione italiana. E’ stata introdotta nel nostro sistema dal decreto 97 del giugno 2016, entrato in vigore 6 mesi dopo, chiamato anche “Foia italiano”, con riferimento al Freedom of informaction act, che esiste nei paesi anglosassoni da vari decenni e in Scandinavia da due secoli. Da noi è arrivato un po’ tardi, ma è arrivato “bene”: almeno sulla carta, si tratta di una legge molto avanzata. In pratica, grazie al Foia il cittadino ha diritto di ottenere dalla pubblica amministrazione qualsiasi atto o documento, salvo eccezioni catalogate che possono portare ad un diniego, che deve comunque essere motivato.
Quindi, io in questo momento posso chiedere, ad esempio al Comune di Roma, di consegnarmi la tal delibera e sono obbligati a darmela?
Esattamente, e senza neppure dover spiegare il motivo per cui vuole questo documento, come invece avveniva con la legge 241 del 1990. L’amministrazione è tenuta a consegnarglielo entro 30 giorni, che possono diventare 40 se è coinvolto un terzo soggetto, che va informato e ha 10 giorni per presentare le sue deduzioni. Le eccezioni a questo principio sono tutte catalogate, cioè elencate in un’apposita delibera dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. Possono riguardare, ad esempio il segreto di Stato oppure altre particolari circostanze.
Un diritto davvero importante. Ma in pratica perché dovrei chiedere questo documento? A cosa mi serve farlo?
Questo nuovo potente strumento ha due obiettivi: il cittadino può controllare la pubblica amministrazione a fini di prevenzione della corruzione, ma soprattutto può controllare la qualità dei servizi. Se ad esempio voglio sapere perché mio figlio non è entrato in una graduatoria per gli asili nido, oggi posso esigere i documenti che mi spiegano cosa è accaduto, quali sono stati i criteri e se vi sono altre possibilità.
Che bilancio possiamo fare dei primi due anni di trasparenza totale?
La legge non è ancora abbastanza conosciuta dai cittadini, né assimilata dalle amministrazioni. Non a caso, il nuovo ministro Giulia Bongiorno vuole rilanciare le funzioni comunicative pubbliche, al fine di coinvolgere il cittadino, sia informandolo di questo diritto sia aiutandolo ad esercitarlo. Sul lato operativo, usare il Foia non è molto difficile: esistono dei moduli che si possono scaricare anche dal sito del Ministero della Pubblica Amministrazione, in cui occorre semplicemente dare nome e cognome, un recapito telefonico, una e-mail e naturalmente il documento o l’atto che si vuole ricevere. Ma il problema è abituarsi ad avere un atteggiamento attivo e propositivo, dopo secoli di inerzia. Molto possono fare i social media. Ormai le pubbliche amministrazioni sono quasi tutte sui social, e spesso vi fanno un ottimo lavoro. Bene, con i social si può spesso ottenere un’informazione o un documento in modo molto più diretto che con le procedure del Foia, e persino in tempo reale. E’ una novità che può davvero rendere la trasparenza un’abitudine, una mentalità.
A chi va posta la domanda?
Via social, chiaramente, va rivolta ai giornalisti pubblici che li gestiscono. Secondo il Foia, la domanda del cittadino può essere rivolta o all’ufficio interessato, o all’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico), o all’ufficio anticorruzione e trasparenza. La legge dice che ognuno di questi uffici – se non è già quello che detiene il documento – deve operare per coinvolgere l’ufficio interessato. Dopo 30 giorni, la risposta deve essere trasmessa e, in caso di rigetto, deve essere fornita una motivazione chiara e puntuale.
E se l’ufficio pubblico fa orecchie da mercante?
Sia se la pa non risponde, sia in caso di rigetto, ll cittadino può rivolgersi al responsabile anticorruzione e trasparenza o al difensore civico, ove istituito. Se questo “appello” non ha esiti positivi, resta la strada del ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato.
Torniamo al Formez. Trasparenza, digitalizzazione, comunicazione, gestione dei fondi europei ma anche selezioni pubbliche. Si tratta di un tema molto delicato, specie nella stagione del “turn over” al 100 per 100 promesso da Giulia Bongiorno.
Si, Formez opera in questo terreno con le procedure Ripam, un sistema sperimentato nei decenni e per molto tempo animato dal nostro indimenticabile collega Rosario Maiorano, scomparso di recente. Il sistema Ripam prevede delle prove preselettive che servono poi a passare ai livelli successivi di valutazione. Lo dirige una Commissione Interministeriale presieduta dal Capo Dipartimento della funzione pubblica. Negli scorsi anni Formez ha gestito selezioni importanti, come ad esempio i concorsi in Abruzzo e al Comune di Napoli, e in questi giorni quelle del Ministero degli Esteri e della Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione. Si tratta di attività molto impegnative, ma negli anni l’istituto ha dimostrato di saper garantire trasparenza, velocità ed economicità. Nei prossimi mesi, fra gli altri, ci aspetta il “concorsone” per 10mila assunzioni in Campania avviato dal presidente De Luca.
Professore quali sono a suo avviso le principali sfide che attendono la PA italiana?
Il Ministro Bongiorno è partita dal principio che dopo 10 anni di tagli, sulla pubblica amministrazione bisogna tornare ad investire. Mi sembra la premessa fondamentale. Accanto a questo, credo molto nella Valutazione civica: il ministro ha messo nero su bianco che il cittadino avrà un notevole peso nel giudicare e ri-orientare le prestazioni pubbliche. E’ una visione dello sviluppo della PA che finalmente non cala dall’alto, ma vede l’utente come protagonista. Certo, occorre insistere su rilancio della comunicazione e sulle relative competenze. Fra le cose su cui stiamo lavorando, con l’Associazione PA Social, che mette insieme centinaia di comunicatori social e giornalisti pubblici, c’è la revisione della legge 150/2000, che fu varata quando il web era ai primi passi, e quindi va superata con una nuova organizzazione della comunicazione al cittadino. Del resto, più si danno al cittadino dei diritti, più c’è bisogno di professionisti che sappiano coinvolgerli, rilevarne il gradimento e anche assisterli nella concreta gestione di questi diritti.
Lei parla di “giornalisti pubblici”. Questa professione può quindi essere utile alla PA italiana?
Per fortuna non ne parlo solo io, ma anche i nuovi contratti del pubblico impiego. Il giornalismo pubblico può colmare un vuoto nella pubblica amministrazione, proprio attraverso la nuova normativa, che chiamiamo “legge 151” per indicare una legge che viene dopo la 150. Proprio pochi giorni fa ho concluso un Dossier sulla trasparenza e i social per il Sole 24ore, che parte dalle origini per arrivare appunto alla necessità di una nuova organizzazione della comunicazione. Collegata al Dossier, c’è un’intervista in cui il ministro Bongiorno si dice a favore di una nuova idea di trasparenza, molto più operativa e concreta, pur senza smontare l’attuale legislazione che comunque è molto avanzata, e parla anche di una riforma della comunicazione pubblica e di un investimento forte delle nuove professioni dei social e del digitale. La trasparenza ha una storia gloriosa, risale ad un auspicio che il deputato Filippo Turati formulò alla Camera nel 1908: salvo casi di superiore pubblico interesse, la casa dell’amministrazione deve essere di vetro. Dopo oltre un secolo, la casa di vetro è realtà. Ma dobbiamo edificarla con il lavoro di professionisti che facciano da trait d’union con i cittadini italiani. Se no perderemo l’occasione storica di “aprire” lo Stato italiano e di renderlo più efficiente ed amico.
Prossimi appuntamenti?
Il 22 febbraio siamo alla Winter School dell’Universita’ di Teramo. Inoltre stiamo lavorando con l’Open Government Partnership, una rete di 75 Paesi europei che si occupa di governo aperto e di trasparenza. Uno degli obiettivi che abbiamo è un evento da organizzare all’interno della settimana dell’Amministrazione aperta, a metà marzo, in cui presenteremo il Dossier sulla trasparenza e queste nuove idee. E’ inoltre in programma un evento sulla legge 151 e un ciclo di webinar che il Formez sta’ organizzando insieme all’Agid, l’agenzia per l’Italia digitale, che riguardano tutte le professioni del digitale nel sistema pubblico.