“Non tutti i mali vengono per nuocere”, se da essi però si ha l’intelligenza di leggere e correggere i propri comportamenti. L’occasione per ragionamenti revisionistici si presenta a Matteo Renzi dopo i risultati per lui non regioni 1soddisfacenti alle Regionali. Tirare dritto, esaltando le vittorie ottenute minimizzando le sconfitte, in una situazione normale potrebbe essere politicamente conveniente, ma non in questo caso. Nelle recenti elezioni regionali ha vinto l’astensionismo e il voto di protesta che il presidente del Consiglio riteneva di aver bloccato. Anche alcune vittorie del Pd, in Campania e in Puglia ad esempio, hanno più il sapore della scelta personale e miracolistica, del voler voltare pagina da parte dell’elettorato, che non il consenso alle politiche complessive del partito. Ritrovare l’unità nei “democrat” diventa il difficile “compito a casa” che l’elettorato – soprattutto i non votanti – ha assegnato a Renzi.

Anche Berlusconi dovrà prendere atto di come sono andate le cose. Pure a lui non conviene trovare delle giustificazioni al gran sorpasso della Lega. C’è bisogno di un collante diverso da quello usato ultimamente per unire i moderati. Dovrà decidersi, l’ex Cav., a cercare il successore alla sua leadership e ritagliarsi il ruolo di “padre nobile” per il nuovo corso del suo partito, ma soprattutto per la sfida con Renzi per la conquista di Palazzo Chigi. Berlusconi sa bene che Matteo Renzi non è invincibile come ben sa che per ritornare al governo del paese ci vuole un leader nuovo di zecca; magari una donna. Ne’ lui, né il vincente Matteo Salvini possono pensare realisticamente di diventare presidenti del Consiglio. Il primo perché il uso tempo l’ha fatto; il secondo perché si è spinto troppo sulla sponda estrema della destra. Certo, ha avuto tanti voti, ma una cosa è alzare il tiro sul dissenso, cavalcandolo, un’altra è governarlo mediando e soprattutto facendo ragionare i più estremisti. In questo caso le parole d’ordine ad effetto, che pescano l’approvazione nelle viscere degli elettori, non possono essere utilizzate. Se veramente Salvini vuole portare al governo la sua Lega deve prendere esempio dal fondatore del partito, l’Umberto Bossi. Lui s’inventò la Lega “di lotta e di governo” che condizionò pesantemente le scelte del presidente Berlusconi quando governava con lui.

Un discorso a parte vale per i Pentastellati. Ancora una volta un successo elettorale che colloca il Movimento come secondo partito del Paese. Il dissenso premia, ma una forza così diversa – e soprattutto nuova – non può rimanere in eterno a guardare. In Puglia il neo governatore Emiliano ha proposto ai Grillini l’assessorato all’Ambiente. Sarebbe interessante vederli in azione in un campo particolarmente delicato, tra l’altro, per via della Xylella fastidiosa, una malattia che sta distruggendo l’olivicoltura in un’ampia zona della Puglia e con essa il paesaggio. Una prova di responsabilità per provare veramente a cambiare il modo di governare.

C’è poi tutta la vicenda degli “impresentabili” e il codice di autoregolamentazione dei partiti. Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, a quarantotto ore dal voto ha fatto pubblicare l’elenco dei candidati che erano in evidente conflitto con le norme del codice voluto ed approvato dai partiti. Ha fatto tutto da sola per fare uno sgarbo a Renzi inserendo in testa alla lista l’ex sindaco di Salerno De Luca, governatore in pectore della Campania, anche se impedito dalle norme della legge Severino? Se così fosse la sfiducia motivata dei componenti la Commissione non tarderà a venire. Ma se le cose non stanno così, la presa di distanza della nomenclatura del Pd nei riguardi della “pasionaria” Bindi è grave e bisognerà rimediare. Non con scuse che trovano il tempo che trovano, ma lavorando proprio sul codice di autoregolamentazione, facendolo diventare un vero spartiacque tra chi ha le carte in regola per essere eletto e chi non lo è. Certo, i tempi di pubblicazione dell’eventuale lista dei soggetti non candidabili vanno anticipati, anche se si comprendono le difficoltà organizzative ed operative che la Commissione ha davanti.

In fine, il caso De Luca. E’ la vera buccia di banana per Renzi nel suo duplice ruolo di segretario del Pd e di presidente del Consiglio. Dovrà stare molto attento a far applicare la legge Severino come se l’ex sindaco di Salerno non fosse uno dei suoi uomini. Sul suo operato non ci potranno essere zone d’ombra. E’ la sua credibilità che è in gioco.

A cura di Elia Fiorillo

Lascia un commento