Le baby gang a Napoli imparano a diventare boss, dove alleva e istruisce i suoi rampolli. Spesso sono «figli d’arte» ma tutti, se hanno menti speciali, possono accedere ai corsi. Soprattutto chi si dimostra violento e spietato. E questa è una delle ragioni della violenza gratuita che negli ultimi tempi Napoli è costretta a subire da parte di ragazzini senza scrupoli che hanno nella mente soltanto di scalare posizioni nei clan di appartenenza. La Dia, nella relazione semestrale sulla criminalità, non mostra di avere dubbi su quello che è il vero volto del fenomeno «baby gang». Bande di ragazzi sempre più giovani, cresciute fino a proporsi come «l’Accademia della camorra». La Dia sottolinea nel suo studio, come tali bande «si sono conformate ai modelli dei clan emergenti, nei quali l’età degli affiliati è particolarmente bassa. Di esse, a volte, fanno parte rampolli di famiglie criminali, che hanno mutuato gli atteggiamenti violenti dai loro genitori. Non è raro che i giovani che compongono queste bande non abbiano alcun legame con organizzazioni criminali, sebbene la violenza che esprimono sia altrettanto esasperata. Tali formazioni, che costituiscono “l’Accademia della camorra”, sono spesso protagoniste di aggressioni per futili motivi in danno di altri coetanei, mostrando di non avere alcuna coscienza della gravita dei loro atti, come accaduto a marzo del 2018, quando tré minorenni uccisero a colpi di bastone una guardia giurata, a Napoli, nella stazione della metropolitana di Piscinola, per sottrargli la pistola e poi rivenderla». «A questa pletora di aspiranti camorristi – si legge ancora nella relazione – si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengono a famiglie mafiose e vengono iniziati, dagli stessi genitori, ad attività criminali, ancora bambini.