L ‘Italia, considerata la “culla del diritto” è divenuta, a causa di incresciosi errori giudiziari, la “tomba della giustizia”. Questo pensiero, letto non ricordo dove, mi é sovvenuto spesso ma ancor più quando la regista teatrale Silvana Cosentino ha esternato il desiderio di mettere in scena, col suo libero adattamento, “La villa degli angeli”, opera teatrale dell’ avvocato Pompeo Onesti, che il 15 maggio andrà in scena al teatro “La Perla” di Napoli con replica l’8 giugno al teatro “Verdi” di Salerno, basata su una vergognosa pagina della giustizia italiana, un triste episodio accaduto nell’estate del 1970. L’avvocato Pompeo Onesti, autore anche di altri testi tra cui “La Chiena”, “La fenice e la gramigna”,” Il Kamikaze”, “Il Brigante” (la cui messa in scena di quest’ultimo ha riscosso grande successo nel 2012 sempre con la regia di Silvana Cosentino), mi ha spiegato la genesi di questa sua interessante e coinvolgente opera teatrale,” La villa degli angeli” e così racconta : ” Un collega ed amico mi aveva parlato tempo fa di questo terribile caso giudiziario accaduto all’attore americano William Berger, molto noto anche per alcuni film western e sua moglie, l’attrice Carol Lobravico attrice del “The Living Theatre”, i quali vennero arrestati ed incriminati, insieme ad altri 9 amici, per sospetto uso di sostanze stupefacenti. La coppia aveva preso in fitto questa villa ubicata tra Positano e Praiano, sul sentiero degli dei ed all’epoca il loro atteggiamento hippies, il loro abbigliamento poco convenzionale, la vita gioviale e spensierata, infastidiva non poco i moralisti ed i bigotti del luogo. La Lobravico ed altre due donne vennero inviate nel manicomio criminale di Pozzuoli, William Berger a quello di Napoli e gli altri uomini a quello di Aversa. Dopo il processo,le autorità rilasciarono i malcapitati risultati innocenti ma nel frattempo Carol Lobravico era deceduta. La poverina, giunta a Praiano per ristabilirsi dopo una grave malattia ed un’operazione e quindi già fisicamente debilitata, non venne creduta quando chiedeva disperatamente di essere curata per forti dolori addominali, probabilmente causati da peritonite. Solo poco prima di morire venne trasportata prima al Cardarelli e poi agli Incurabili dove é poi spirata. Incuriosito e profondamente coinvolto da questa storia mi sono recato al tribunale di Salerno ed ho letto tutto il fascicolo del processo. Infine, sapendo che la tomba di Carol Lobravico si trova nel cimitero di Praiano, mi sono recato lì e dopo estenuanti ricerche l’ho identificata. Su quella tomba c’era una rosa bianca appena recisa e sono rimasto profondamente colpito da questa cosa…Un ricordo tangibile ed ancora così presente, malgrado i numerosi anni trascorsi ed i protagonisti scomparsi o all’estero. Emotivamente preso da questa triste storia, ho così pensato di farne un’opera teatrale”. Il racconto appassionato dell’avvocato Onesti e l’amore con cui la regista Cosentino ha creato la messa in scena dello spettacolo mi hanno coinvolto non poco ed ho iniziato anch’io a documentarmi. Che cosa pensare di quella società in cui gente, non ancora pronta a nuove idee e costumi, imperversava con regole dominanti e mentalità antiquata, giudicando socialmente pericolose alcune persone solo perché abbigliate in modo diverso e stravagante o perché portavano i capelli lunghi? Da ciò si è poi verificato un periodo sicuramente buio, arretrato culturalmente e giuridicamente in cui, nonostante lo sdegno per quest’ assurda vicenda giudiziaria ed umana, nulla è stato poi risolto in modo equo e concreto. L’assurdo della situazione fu di collocare questi malcapitati in manicomi giudiziari, anche se i soggetti non avevano alcun legame con la malattia mentale, soltanto perché fuori dalla morale dominante dell’epoca. Ed essere internati in un manicomio significava abbandonarlo solo con la morte! Un periodo buio, come per me l’attuale, in cui per distrarre la massa da cose importanti si fa sapiente uso di situazioni e personaggi da ” sacrificare” per sviare e catalizzare l’attenzione, affinché si ignorino altre circostanze, fomentando chiacchiere e pettegolezzi che tanto solleticano la gente mediocre. Ben vengano autori come l’avvocato Onesti e registi come Silvana Cosentino che risvegliano le coscienze portando alla ribalta, come in questo caso, errori giudiziari che si è cercato di camuffare o addirittura disperdere nella dimenticanza. Riflettendo bene, in un caso dal valore profetico come questo, ci sono tutti i segnali, gli indizi, le avvisaglie di altre vergogne giudiziarie come il caso Tortora, quello di Lelio Luttazzi e Walter Chiari, Daniele Barillà, e tanti altri assolti da una “giustizia” superficiale e distratta dopo ingiuste detenzioni e calvari psicofisici e dove la ” riabilitazione” di chi ha condannato si é avuta solo attraverso la varie assoluzioni dei poveri imputati. Riapriamo le pagine crudeli e nauseanti della fallimentare giustizia italiana, informando i tanti che non conoscono questo raccapricciante caso accaduto a Praiano nel lontano 1970, affinché si possa comprendere che tutto ciò non é accaduto invano e che noi non dimenticheremo. Un “grazie” particolare alla regista Silvana Cosentino che ha riadattato il testo dell’opera teatrale “La villa degli angeli” di Pompeo Onesti, la quale con impegno, sensibilità e tatto artistico riesce sempre a raggiungere nei suoi spettacoli quella magia visiva che, unita alla validità del testo, li rende particolari, inimitabili, coinvolgenti e sicuramente indimenticabili. Ne ” La villa degli angeli” il gusto sapiente di luci e proiezioni unite alla abilità narrativa, alle danze, alla scelta di musiche generazionali creano un suggestivo mosaico, un allestimento figurativo finemente impaginato specie quando si rievocano le atmosfere hippies, in cui troviamo temi di straordinaria attualità come la protesta pacifica contro la guerra ,contro una società sempre più disumana ed intollerante, in cui l’unica alternativa resta il messaggio universale di pace, libertà, amore, suscitando a fine spettacolo né conclusioni né sentenze ma soltanto domande alle nostre coscienze.
A cura di Rossella Argo