Intervista alla Dott.ssa Elena De Gregorio dirigente dell’I.T. T Giordani-Striano di Napoli
L’argomento più controverso, soprattutto nell’ultimo periodo è la DAD, la “famosa” didattica a distanza che oramai vede coinvolti studenti di tutte le fasce d’età da circa un anno. Molti sono i pareri contrastanti a riguardo. Nei primi giorni di marzo i comitati No-Dad hanno manifestato non facendo connettere i propri figli alle lezioni, sostenendo che “lo schermo sta spegnendo i ragazzi giorno dopo giorno, lasciandoli prendere dalla distrazione, demotivazione ed apatia”. C’è chi invece fermamente si schiera a favore della D.A.D definendola “l’unica soluzione adottabile in questo periodo, i contagi nelle scuole crescono vertiginosamente”. Per capire il punto di vista degli istituti scolastici sull’argomento, abbiamo intervistato la Dott.ssa Elena De Gregorio, dirigente scolastica dell’I.T. T Giordani-Striano di Napoli-Dottoressa nell’ultimo anno abbiamo assistito e assistiamo tutt’ora ad un continuo dibattito sulla D.A.D lei cosa ne pensa? quali sono i principali disagi? “Come capo di istituto, non posso che essere solidale con gli studenti e che con le famiglie che ovviamente vorrebbero riportare i ragazzi a scuola perché la scuola manca a tutti, dai docenti agli studenti ed è un sostegno necessario per le famiglie. Ovviamente mi rendo conto dei rischi connessi al contagio possibile dovuto al contatto, non tanto a scuola, perché i ragazzi a scuola sono super controllati e rispettosi delle norme, ma durante il trasferimento dalla propria residenza alla scuola e viceversa, e questo il tema che dovrebbe essere affrontato nelle giuste sedi, l’assembramento davanti ai luoghi come i bar che continuano a esserci continuamente. Lei, quindi, ritiene che il problema non sia tra le mura scolastiche ma al di fuori? Assolutamente sì, la scuola è un luogo sicuro per la didattica in presenza, ma purtroppo ci dovrebbe essere un controllo maggiore e una sanzione certa per chi, al di fuori della scuola, non rispetta le norme di distanziamento e tutti i limiti previsti dai vari DPCM che si sono succeduti dall’inizio della pandemia ad oggi. Il problema è la mancanza di maturità nella fascia di età che va tra i 13 ei 18 anni tale da garantire la sicurezza, non nella scuola ma al di fuori di essa”. Cosa è cambiato negli studenti a livello scolastico, psicologico ma anche sociale? “Ci sono state delle conseguenze rispetto alle modalità di partecipazione alla vita sociale in quanto non c’è più la relazione sociale diretta, la relazione tramite un PC, tramite una webcam è una relazione anomala che non può sicuramente rispettare le esigenze di ragazzi in fase di crescita e di maturazione sociale. Le difficoltà ci sono c’è un calo dell’attenzione, c’è stanchezza da parte di tutti, sia dei docenti che degli alunni, seguire per tante ore pur garantendo le famose pause previste al decreto legislativo n.81, 20 minuti ogni due ore ,e a volte cerchiamo anche di aumentare queste pause perché tante ore davanti al pc senza sosta non si può stare, io stessa come dirigente sono costretta a fare le riunioni attraverso la webcam e ad un certo punto i livelli di attenzione calano enormemente. Il danno alla didattica e all’apprendimento c’è sicuramente, inutile girarci intorno, la scuola sta andando avanti, si, ma nei limiti della nuova didattica a distanza. Va ricordato che a scuola non si viene solamente per imparare le discipline e avere competenze tecniche, per quanto riguarda le superiori, ma si viene anche per sviluppare quella capacità di interazione sociale che in un ambiente complesso come la scuola diventa una sorta di palestra per la vita sociale, un allenamento per quello che sarà dopo la scuola”. Da alcuni dati emersi dall’indagine condotta da IPSOS per Save the Children, “i giovani al tempo del Coronavirus”, risulta un aumento del fenomeno dell’abbandono scolastico. Nel suo istituto ha riscontrato questo dato? “C’è una leggerissima flessione dovuta alla stanchezza connessa alla didattica a distanza, i ragazzi vengono seguiti tramite dei corsi di recupero pomeridiani, garantiamo la scuola aperta per i ragazzi diversamente abili, cerchiamo di attivare i laboratori, anche se a distanza, per rendere più vivaci le attività didattiche. Non c’è il rischio della dispersione scolastica in senso stretto, ciò che riscontriamo è il fenomeno della Fas “la frequenza a singhiozzo”. Come è organizzato il suo istituto in vista di un ritorno alla didattica in presenza? “Abbiamo tutto quello che serve per garantire la ripresa in presenza in sicurezza, abbiamo i depositi pieni di mascherine chirurgiche, materiali per la disinfezione dei locali, abbiamo installato una trentina di rilevatori della temperatura, abbiamo un organico aggiuntivo di collaboratori scolastici che garantiscono la sanificazione degli ambienti ogni volta che le classi cambiano turno, cambiano spazi e laboratori. Per quanto riguarda la sicurezza a scuola le garantisco che tutte le scuole del nostro territorio sono pronte ad accogliere in piena sicurezza i nostri ragazzi. Quali sono le nuove offerte formative del vostro istituto quando si potrà tornare a scuola e cosa auspica? “Poiché i ragazzi, attraverso la didattica a distanza hanno subito un grave danno, ovvero quello della impossibilità di praticare alcuni laboratori, andremo ad aumentare sicuramente le attività aggiuntive con ore laboratoriali, perché i ragazzi si appassionano alle discipline quando le vivono. Mi auguro il ritorno alla didattica in presenza in quanto è più sicuro per i ragazzi essere a scuola piuttosto che casa e per strada, dove ci vorrebbero maggiori controlli e sanzioni certe “.
La didattica forse non si sarà fermata, ma la “scuola” fatta di dibattiti, interazioni, emozioni quella sì. A volte ci si dimentica di cosa la scuola significhi per un bambino o un adolescente, ci si sofferma unicamente sul programma, sulle discipline, ma la scuola è molto altro e andrebbe ricordato quando si usa la parola “priorità”.

A cura di Grazia Ritrovato