La bistecca alla fiorentina e il pomodoro Borsa di Montone entrano nell’elenco dei prodotti
agroalimentari tradizionali (Pat) della Toscana: con le due new
entry del 2020 si arriva cosi’ a 463 prodotti ‘figli della
tradizione’.
La bistecca alla fiorentina, gia’ segnalata dall’Accademia
della fiorentina per ottenere il riconoscimento Unesco come
patrimonio immateriale, ha una lunga tradizione tanto che a fine
‘800 venne presentata come piatto toscano per Firenze capitale
d’Italia. Fu Pellegrino Artusi, nel suo ‘La scienza in cucina e
l’arte di mangiar bene’ (edito nel 1981), a spiegare come doveva
essere cucinata la vera bistecca fiorentina: “Mettetela – si
legge – in gratella a fuoco ardente di carbone, cosi’ naturale
come viene dalla bestia o tutt’al piu’ lavandola e asciugandola;
rivoltatela piu’ volte, conditela con sale e pepe quando e’ cotta,
e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra. Non deve
essere troppo cotta perche’ il suo bello e’ che, tagliandola,
getti abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocere,
il fuoco la risecchisce, e se la condite avanti con olio o
altro, come molti usano, sapra’ di moccolaia e sara’ nauseante”.
Se la bistecca ha una tradizione culinaria di molti anni, lo
stesso vale per il pomodoro Borsa di Montone. Si ipotizza che le
prime varieta’ siano state importate in Toscana dalla Corsica,
dove negli anni Quaranta e Cinquanta alcuni abitanti della Val
di Bisenzio erano emigrati per l’attivita’ di taglio della legna.
La varieta’ si diffuse rapidamente grazie alle ottime
caratteristiche organolettiche dei frutti fino all’arrivo degli
ibridi commerciali a meta’ degli anni ’90, quando la varieta’ e’
stata progressivamente abbandonata, fin quasi a scomparire,
perche’ poco apprezzata per il suo aspetto estetico e per le
caratteristiche di conservazione. Salvata dall’estinzione
grazie ad un’unica famiglia-custode che ha continuato la sua
coltivazione, si ritiene che il Borsa di Montone possa essere un
progenitore del pomodoro Canestrino.