Quando giri per Cuba la sensazione che provi, che io ho provato, è di un ritorno al passato, un blocco della modernità che comunque ha fatto il suo corso anche se indirizzata, costretta a percorrere vie antiche ed anacronistiche. Al di là dei sempre presenti cartelli che inneggiano alla rivoluzione ed al suo lider maximo, serio avvertimento a lasciar perdere le favole relative al “nuovo che avanza”, i segnali che legano Cuba al resto del mondo sono tanti. Esploderanno dopo la morte di Fidel Castro? E’ molto probabile. Con Fidel, uomo simbolo della rivoluzione cubana contro il regime di Fulgencio Batista e fondatore della Repubblica di Cuba, si chiude un’epoca. Non è un caso che all’annuncio del suo trapasso c’è chi ha esultato, tutti i dissidenti rifugiati in America che hanno sempre contestato il totalitarismo del Comandante. Ma c’è chi ha ricordato con nostalgia i tempi del sodalizio con Che Guevara, eppoi la vittoria sugli esuli cubani, appoggiati dagli Stati Uniti, dopo il fallito sbarco nella baia dei Porci. E, ancora, la “democrazia popolare apartitica” tanto predicata – la pratica è un’altra cosa – da tutta la famiglia Castro. Una democrazia, secondo alcuni, familiare.
Nel 2018 l’attuale presidente del Consiglio di stato di Cuba, Raùl Castro, ha comunicato che lascerà l’incarico. Ma pare che non abbia alcuna intenzione di abbandonare la carica di Segretario del partito comunista di Cuba, ereditata, unitamente a quella di presidente del Consiglio, dal fratello quando questi nel 2008 si dimise per ragioni di salute. Da quale malattia fosse stato colpito il mitico Fidel non si è mai saputo. Discrezione o paura di ledere l’immagine di un personaggio mitico? Le leggende non si sporcano con dettagli di second’ordine.
Quando giri per Cuba t’accorgi che l’economia dell’isola si basa unicamente sul turismo e sull’agricoltura, in particolare sulla produzione della canna da zucchero e banane. E si nota che l’economia non gira come il regime vorrebbe. Troppa miseria che registri appena esci dalla capitale. Vitale per l’isola è il disgelo con gli Stati Uniti cominciato poco tempo fa. Barack Obama nell’incontro con Raùl Castro, in occasione della sua visita a Cuba, parlò “dell’inizio di un giorno nuovo” nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Raùl Castro, a sua volta, riconobbe ad Obama il merito di aver riavvicinato i due Paesi, ma chiede l’immediata “revoca totale dell’embargo”, una decisione che il Congresso americano tarda a prendere per la mancanza dei diritti civili nell’isola e che con l’avvento del presidente Trump, specialmente dopo le sue dichiarazioni dopo la morte di Fidel, sembra lontanissima. Certo, Fidel avrà storto il naso a quella stretta di mano tra il fratello e Obama. Ma i tempi cambiano e non c’è più la Russia che foraggia Cuba in tutti i modi possibili, proprio perché vede in essa, e nel suo leader, l’immagine significativa di uno smacco perpetuo che una piccolissima realtà riesce ad imporre alla grande America. In trentadue anni si calcola che la Russia abbia fatto arrivare nelle casse cubane ben cento miliardi di dollari.
Mai come allora il mondo rischiò il conflitto nucleare. Era l’anno 1962 e alla Casa Bianca c’era John Fitzgerald Kennedy. Nikita Sergeevič Chruščёv decise di utilizzare Cuba come trampolino di lancio dei suoi missili con testata nucleare. Una micidiale forza d’urto contro l’emisfero occidentale. La mediazione di papa Roncalli, Giovanni XXIII, riuscì a evitare il peggio. La Russia ritirò i missili in cambio della promessa di non invasione dell’isola da parte degli americani e del ritiro dei missili installati nelle basi di Turchia e Italia – Basilicata e Puglia – avvenuta dopo circa sei mesi.
La cosa che colpisce quando visiti le città cubane sono le tante chiese cattoliche, costantemente affollate durante le cerimonie. Anche per la forte presenza di cristiani sull’isola si spiega l’attenzione che i papi hanno avuto verso l’isola caraibica. Hanno visitato Cuba, e Fidel Castro, papa Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e, ultimamente, papa Francesco. Prima di congedarsi papa Bergoglio dice a Fidel: “Qualche volta regalami un Padre nostro”. E Fidel Castro subito risponde a Francesco: “Ci penserò”. Ora avrà tutto il tempo per farlo, non dovrà più occuparsi della Rivoluzione. E’ papa Bergoglio, invece, l’attuale mitico rivoluzionario.
di Elia Fiorillo