“Sono onorata”. Kamala Harris accetta l’investitura di Joe Biden. Il commander in chief ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca e appoggiato la sua numero due per la nomination, aprendole la strada alla possibilità di diventare la prima presidente donna e di colore, dopo aver toccato questo soffitto di cristallo come vicepresidente. “Mi guadagnerò la nomination e batterò Trump”, assicura Harris in un post in cui allega il link per le donazioni, dando già ufficialmente il via alla sua corsa presidenziale. Con l’endorsement di Bill e Hillary Clinton, e di decine di delegati ed ex delegati alla convention democrati. In caso invece di mini primarie, come auspicato nei giorni scorsi dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e ora da Barack Obama, potrebbero scendere in campo alcuni governatori, nomi che
eventualmente potrebbero anche fare da vice a Harris: Josh
Shapiro (Pennsylvania), J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers
(Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky). Più improbabili il
governatore della California Gawin Newsom (considerato troppo
liberal e di uno Stato già saldamente dem) e la governatrice del
Michigan Gretchen Whitmer, pare perché non vorrebbe bruciarsi le
chance di correre nel 2028. Non è da escludere neppure il
segretario ai Trasporti Pete Buttigieg.
Nata nel 1964 a Oakland, in California, Kamala Harris non ha
brillato nei panni di vice, deludendo probabilmente chi si
aspettava molto di più da lei. Laureata alla prestigiosa
università Howard, era stata salutata forse un po’ troppo
semplicisticamente come ‘l’Obama donna’ per la sua capacità
oratoria e di trascinare le folle, almeno fino a qualche tempo
fa. Prima di conquistare un seggio al Senato nel 2016 è stata
procuratrice di San Francisco, quindi della California. Barack
Obama la definì goffamente “la più bella procuratrice del Paese”,
per poi scusarsi. All’ex presidente la lega comunque un’amicizia
di vecchia data e una stima reciproca. Proprio l’amministrazione
Obama infatti la valutò come possibile giudice della Corte
Suprema.
Come senatrice, Harris ha subito dichiarato guerra a Donald
Trump e si è imposta sul palcoscenico nazionale con i suoi
interrogatori all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, che
sono sono diventati virali e l’hanno accreditata davanti al
pubblico democratico a caccia di volti nuovi per il partito. Da
qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: un
tentativo che non ha avuto successo, anche se si era imposta come
una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle
primarie. E’ rimasto negli annali l’aspro confronto fra i due nel
corso di uno dei dibattiti, durante il quale Harris rinfacciò al
suo futuro capo di essersi compiaciuto della collaborazione con
due senatori segregazionisti negli anni ’70. Non contenta, Kamala
continuò raccontando di conoscere una ragazzina nera che per
fortuna ebbe la possibilità di andare in una scuola migliore
grazie al servizio di scuolabus istituito per le minoranze che
vivevano nei quartieri più disagiati, servizio al quale – ricordò
– il senatore Biden si era opposto: “Quella ragazzina ero io”.
Nonostante lo scontro, fu scelta poi come numero due nel ticket
dem.
Non è mai uscita dall’ombra di Biden e non ha mai bucato lo
schermo, ma sta recuperando terreno e immagine su alcuni temi,
come quello chiave dell’aborto. E con i suoi 59 anni e la sua
fermezza dietro un sorriso abbagliante potrebbe funzionare come
antitesi a Trump, facendolo apparire vecchio e iroso.
Collezionista di sneaker Converse, Harris si sveglia di solito
alle 6 del mattino e si allena per mezz’ora. Fra i suoi libri
preferiti ci sono ‘Native Son’ di Richard Wright e ‘The Lion, the
Witch and the Wardrobe’ di C.S. Lewis. Il suo motto è un monito
che la madre le rivolgeva quando era ragazzina: ‘Potrai essere la
prima, ma assicurati di non essere l’ultima’. Da allora Harris di
tabù ne ha infranti molti, aprendo la strada e diventando un
modello per molte donne. Ora ha l’occasione della vita.