di Nicola Baiano
Sulla regolamentazione dei conflitti tra le leggi statali, regionali e delle provincie autonome, in condizione di parità con gli altri Stati, l’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni, ha permesso di riconoscere alle norme comunitarie efficace obbligatoria nel nostro ordinamento e la Corte Costituzionale (ex plurimis: sentenze n.170 del 1984; n.349 e 284 del 2007; n.102 del 2008) in base all’art. 117 primo comma della Costituzione, che dispone ” la potestà giuridico legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli dell’ordinamento comunitario”. Con tale quadro normativo costituzionale consegue che con la ratifica di trattati comunitari, l’Italia è entrata a far parte di un ordinamento autonomo e coordinato con quello interno, ed ha trasferito, in base all’ art.11 Cost. l’esercizio di poteri, anche normativi, nelle materie oggetto dei trattati medesimi. Le norme dell’Unione Europea vincolano in vario modo il legislatore interno, con il solo limite dell’intangibilità dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inviolabili dell’uomo, garantiti dalla Costituzione. Il funzionamento dell’economia comunitaria come è attualmente, fu normato nel 1998 con l’introduzione della moneta unica Euro, con la fissazione dei rapporti di cambio dell’euro con le monete dei singoli stati aderenti alla moneta unica. Quindi gli stati che aderirono, cedettero la loro sovranità monetaria all’Europa, per avere maggiore stabilità monetaria a livello globale, ma anche per realizzare politiche economiche spinte al progresso e allo sviluppo in un quadro di maggiore stabilità. La cessione della sovranità monetaria all’euro non fu e non poteva essere un regalo all’Europa, che si obbligó a fornire agli stati aderenti la nuova moneta euro, in base alle necessità nazionali della popolazione e dei programmi di sviluppo sia interni che verso terzi ecc., pertanto i paesi aderenti hanno consolidato il diritto alla provvista finanziaria nei confronti dell’Europa, in base al principio di legalità dell’art.1 protocollo 1, che non è più negabile. Il trattato di Maastricht sancì che gli Stati membri aderenti all’euro si impegnarono a rispettare tutti i parametri relativi all’adozione dell’euro. Il PSC sancisce che gli stati aderenti continuano a rispettare nei bilanci un rapporto debito/pil inferiore al 3% e un rapporto di debito pubblico inferiore al 60%. Tale rapporto di stabilità non fu mai approvato dai Parlamenti degli Stati aderenti
esso è di natura secondaria, come definito anche dal Prof. Giuseppe Guarino, non vi è un vero obbligo di rispettarlo. Il Presidente Romano Prodi già definì il patto inattuabile. Molti critici affermano che il PSC non promuove né crescita né stabilità, dal momento che finora esso è stato applicato in modo molto incoerente, come dimostrato ad esempio, dal fatto che il Consiglio non è riuscito ad applicare le sanzioni in esso previste contro la Francia e la Germania, malgrado ne sussistessero i presupposti. La Corte di Giustizia Europea nel 2004 decise che la PDE richiamata nel patto, non è obbligatoria. Appare quindi quanto sia difficile far valere il vincoli del PSC nei confronti dei “Grandi” dell’Unione, i quali ne furono gli stessi promotori. Nel 2005 L’Ecofin decise di ammorbidire le norme per renderlo più flessibile, decisione richiamata e ribadita dall’asso Franco Tedesco nel 2008, per far fronte alla gravissima crisi finanziaria, che investì i mercati e le economie di tutto il mondo, in seguito alla cosiddetta crisi dei mutui americani del 2006, quindi il PSC non è applicabile, perché rende impossibile lo sviluppo e il progresso economico, in quanto i mercati finanziari non si fidano e le agenzie di rating si esprimono sempre in modo piuttosto dubbioso, pertanto è necessaria una inversione di tendenza che può venire solo da un accordo globale della Comunità Europea ad emettere Eurobond, i quali non sono altro che una sostituzione dell’euro a cui è già fornita la totale garanzia europea.
Gli Eurobond sono titoli di massima sicurezza su cui i mercati certamente investiranno senza esitazioni, i privati risparmiatori certamente indirizzeranno i loro investimenti su tali titoli, in quanto i titoli di diritto privato provenienti da società quotate in borsa sia azionarie che obbligazionarie, sono pur sempre titoli soggetti a massima fluttuazione in funzione delle speculazioni finanziarie di grandi fondi di liquidità, che tolgono specialmente ai privati risparmiatori la certezza di rientrare tranquillamente negli investimenti da essi fatti in tali titoli. Attualmente specialmente il risparmio e gli investitori anche istituzionali si orienteranno su scelte di garanzia assoluta, che certamente avverrà con l’emissione di Eurobond, pertanto essi possono costituire una garanzia di carattere finanziario rivolta alla stabilità monetaria e alla certezza degli investimenti di operatori economici industriali produttori di beni reali, che sono la base dell’economia e pertanto gli Eurobond certamente costituiscono un bene reale alternativo, di natura tecnico finanziaria di facile ed immediata riconversione monetaria senza rischi. Negare la possibilità dell’emissione di Eurobond è solo un errore da parte degli stati che si oppongono, poiché come innanzi precisato la provvista finanziaria per i singoli stati proviene da un principio di legalità comunitario per la cessione della sovranità monetaria. Tale decisione non può essere condizionata da qualche Stato che semplicemente si oppone impedendo l’unanimità dei consensi, ma essendo il principio di legalità ineludibile , tale argomento non può essere votato all’unanimità, ma l’approvazione, dovrà essere modificata a maggioranza nell’interesse generale dell’unione, in presenza del diritto reale di provvista finanziaria a favore dei singoli stati, che hanno rinunciato alla sovranità monetaria a favore dell’Europa. Il PSC va modificato perché porta all’immobilismo e quindi al pericolo della disgregazione dell’Europa unita, cosa inacettabile in quanto essa è già una grande realtà a livello globale capace di competere con le massime aggregazioni di Stati Confederati. l’Unione Europea è una realtà anche costituzionale in quanto la prevalenza del diritto comunitario è già un potere forte istituzionale e sovranazionale per cui non è possibile ritornare indietro e mettere l’Europa a repentaglio anche di pericoli autoritari. Le economie in tal senso regolamentate, progrediranno senza rischi, realizzando il progresso economico dei singoli stati e dell’Europa tutta, con la possibilità di far progredire le economie e i salari dei dipendenti delle aziende, in quanto in economia, a maggiori utili devono corrispondere anche maggiori salari. Sulla preminenza del diritto comunitario rispetto al diritto interno, la Corte Costituzionale italiana con la sentenza n.170 del 1984 affermò che il criterio di risoluzione dei contrasti è risolto con la disapplicazione del diritto interno, in quanto in caso di sopravvenienza di una norma comunitaria contrastante con una norma nazionale preesistente, quest’ultima deve intendersi automaticamente caducata. La Corte Costituzionale italiana poi con la sentenza n.384 del 1994 ha mostrato apertura alla tesi nomistica, sostenuta dalla Corte di Giustizia, che vede i due ordinamenti come legati da un rapporto di integrazione e non invece come ordinamenti separati. Considerato il quadro normativo e i diritti reali già consolidati, gli Eurobond vanno emessi senza indugio, considerato il rischio della pandemia in corso, che non consente rinvii, in quanto le economie sono tutte sotto forte stress ed è dovere dell’Europa normalizzarle, eliminando impedimenti inutili non conformi al suo funzionamento dinamico per competere a livello globale, anche in rapporto ai diritti inviolabili degli abitanti, garantiti dall’art. 1 protocollo 1.
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