A un anno dalla stipula del contratto per la rimborsabilita’ delle nuove terapie contro l’Epatite C sono stati trattati solo la meta’ dei 50mila pazienti che la ministra della Salute Beatice Lorenzin aveva promesso di curare con il fondo per i nuovi farmaci”. Lo denunciano in una nota le associazioni Arcigay, Anlaids, Lila, Nadir, Mario Mieli e Plus, dopo le polemiche sull’andamento della gara per la fornitura dei costosi farmaci anti epatite C. “C’e’ un ragionevole rischio – prosegue la nota – che il sistema italiano non riesca ad arruolare per tempo i 50.000 pazienti come previsto dal contratto (riservato) con l’azienda Gilead, compromettendo quindi gli sconti che il contratto prevede. Se questo si avverasse, sarebbe molto grave”. Le sei associazioni puntano il dito in particolare sulla sorte delle persone con coinfezione Hiv/Hcv, che stimano in “circa 30.000”, ottomila delle quali “a rischio di vita”, che sarebbe proprio quelle che avrebbero i maggiori benefici dai nuovi ‘superfarmaci’, considerati particolarmente efficaci. “Non solo e’ immorale non trattare pazienti che potrebbero guarire definitivamente con farmaci oggi altamente efficaci – sottolinea Michele Breveglieri, Responsabile Salute Arcigay – ma e’ anche miope in termini di salute pubblica e un aggravio per il sistema sanitario nel lungo periodo”. “L’Aifa, la farmaceutica Gilead e il Ministero sembrano fare il gioco delle tre carte, auspicando il trattamento del maggiore numero di pazienti ma negando ogni trasparenza sugli accordi”, afferma Massimo Oldrini, presidente della Lila. “Manca un piano concreto per garantire i farmaci alle circa 8.000 persone con Hiv e Epatite C che rischiano la vita, a differenza di altri Paesi come Spagna e Portogallo”, rileva Simone Marcotullio, vice presidente Nadir.