Via dei Tribunali ore 18: il centro storico di Napoli si spegne un po’ alla volta seguendo il
‘coprifuoco’ dell’ultimo Dpcm. Bar, ristoranti, trattorie, i
locali della movida devono chiudere al pubblico, fatta salva la
possibilita’ di consegna a domicilio o vendita da asporto entro
le 22.30. Qualcuno ha gia’ chiuso prima delle 18, e c’e’ chi,
invece, ha deciso di non chiudere, per protesta. Ma e’
l’iniziativa di singoli che non ha trovato consensi nei locali
vicini: troppo alto il rischio di essere multati per il mancato
rispetto del Dpcm.
In piazza Bellini restano sparuti gruppi di ragazzi laddove
si solito c’e’ la folla. Chiusi i bar riferimento della piazza:
il Caffe’ dell’Epoca, Lemme Lemme, il Nea (e’ solo per citarne
alcuni, nessuno e’ rimasto aperto). Chiuso il Perditempo. “E cosa
consegno a domicilio, il caffe’ ? – e’ la domanda provocatoria di
Marianna Stanzione, proprietaria del Caffe’ di Mary, in piazza
Miraglia – Questo e’ un bar del centro storico. Le birre si
comprano al supermercato d la gente le vene a casa. Mica mi
telefonano per una consegna a domicilio di una birra?”. Di
questo passo, riuscira’ a rimanere aperta “non piu’ di una
settimana”. È arrabbiata,’triste, delusa. “Mio marito e’ il
titolare della pizzeria qua accanto – sottolinea – e non sta
messo meglio di me. Da Conte e’ arrivata una condanna”.
Chiuse molte trattorie come “Carminiello”. Non hanno nemmeno
provato a vedere come andavano le cose tra asporto e consegna a
domicilio, nonostante siano due attivita’ normalmente svolte.
Aperta solo per consegne e domicilio la storica pizzeria Di
Matteo. “È deprimente vedere cosi’ questa strada e non poter
accogliere clienti – racconta Edoardo Ammendola, amministratore
della pizzeria – siamo sull’orlo del precipizio da tutti i punti
di vista: morale, economico”. La possibilita’ della consegna a
domicilio, da sola, non basta a garantire gli stessi incassi.
“Viviamo di turisti e gente del quartiere – spiega – i turisti
sono spariti, i napoletani evitano di spendere soldi per una
pizza perche’ abbiamo davanti tempi incerti, non si sa dove si va
a finire, preferiscono conservare”. E, tiene a precisare,
restare aperti solo a pranzo nemmeno e’ garanzia di incassi.
“Oggi a pranzo sembrava una domenica pomeriggio – aggiunge – per
strada non c’era nessuno e avevamo molti posti liberi”.
Ammendola ha 20 dipendenti, molto in cassa integrazione, i
pochi sono al lavoro, ma non c’e’ molto da fare. “O dentro o
fuori: il lockdown si fa o non si fa – dice ancora – questa via
di mezzo non e’ utile a nessuno”.
Carolina Iaquinangelo gestisce insieme con il marito la
pizzeria Donna Sofia. “E’ come se non fossimo aperti – conclude
– Non ci sara’ mai la stessa gente che ordina una pizza a casa. E
poi se davvero siamo luoghi di contagio, perche’ a pranzo non ci
si infetta e a cena si’ ? Sto cercando di capire, ma non capisco”.