La Domenica delle Palme è la più contraddittoria delle celebrazioni, ma è anche la più umana perché descrive la realtà di un dramma che racconta il salto dalla fede alla disperazione, dal coraggio alla paura, dall’abbandono in Dio al sentirsi abbandonati da Dio. La festa fa i conti con la croce che segna il
confine tra chi cerca un Dio che non trova e chi, accogliendo il grido al cielo dell’unico innocente,
riesce a proclamare come il centurione: “Questi davvero è il figlio di Dio” (Mc 15,39). Il nostro tempo
carico di croci cerca una via d’uscita in quella croce, cerca chi sgridi la morte indicando alla vita
la liberazione: “Vieni fuori!” (Gv 11,43). Una voce decisa, coraggiosa, profetica che oggi, proprio oggi
a me, a te, a ognuno è come se ripetesse: “Esci dal baratro del nulla, dall’angoscia di separazione,
dalla paura di non farcela, di non essere all’altezza dei falsi parametri di un mondo che ti vuole
sempre, e a tutti i costi, bello, giovane, ricco e
potente. Vieni fuori dall’individualismo che ti fa
perdere la gioia della compagnia, della
condivisione, dell’amicizia. Vieni fuori
dall’arroganza, dalla presunzione di essere
migliore degli altri, il più grande mentre ti perdi la
ricchezza della semplicità dei piccoli e la saggezza
degli anziani che hai lasciato ai margini della tua
esistenza. Vieni fuori dalla tomba del pregiudizio,
dell’ipocrisia, esci dal branco, dalla massificazione
che uccide la preziosa unicità del tuo essere.
Credente o meno, per fede o per cultura, chi vive
alle nostre latitudini, sa che questa domenica si
colora di verde ulivo, lo sa, non è detto che lo
colleghi al primo giorno di una settimana detta
santa. Oggi, come vuole la tradizione, per chi
ancora la conserva, porteremo a casa un
ramoscello d’ulivo, la palma della pace, per
spartirlo con i familiari, con gli amici, con le
persone che amiamo. La memoria si intenerisce
andando al tempo in cui i giovani, tutti, mettevano
qualche fogliolina all’asola. Sembra preistoria oggi
dove i segni non raccontano, le tradizioni non si
passano e le domeniche sono tutte uguali. Puoi
essere credente o non credente, ma il tuo destino
resta legato a una terra che respira aria di sacro già
di suo, stretta com’è nell’abbraccio di mille cupole
e di atavici riti che l’attraversano nel ventre.
Cultura decisiva per dire gente, popolo oltre la fede
che se ti trova estraneo resti sradicato, muto e
sordo nel raccogliere la sfida di quell’appartenenza
che senza una memoria condivisa rende difficile il
presente, ancor di più organizzare il futuro. Molti
cercheranno i riti della Settimana Santa per viverli
da spettatori, curiosi e turisti cercheranno
basiliche e chiese, racconteranno la sorpresa o
l’incanto, la delusione o la propria ignoranza, e già
questo è una cosa. Sarà sicuro spettacolo, teatralità
al culto non manca. Ma come sarebbe potente per
chi credente o non credente, diversamente
orientati, si lasciasse provocare dai significati che il
credente prega e il non credente curioso investiga
come umano bagaglio. La tradizione un poco resta
ancora, resta ancora difficile da spiegare la festa di
oggi, nel giorno dell’abbandono, nel giorno in cui
l’Osanna si trasforma in Crucifige, eppure così è la
vita, così per tutti. La Domenica delle Palme, che
c’introduce nel mistero della Settimana Santa, è la
domenica più contraddittoria della storia e proprio
per questo è la più umana. È una domenica, come
le tante della nostra vita, che comincia con la gioia
nel cuore, con la voglia di far festa e di gridare:
“Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”
(Mt 21,9). È la domenica in cui, forti dei nostri sogni,
ci sentiamo in pace con il mondo intero, ci
sentiamo vincitori, perché avvertiamo il cielo
dentro di noi, perché sappiamo che se Dio è con
noi, nessuno può essere contro di noi (Cfr. Rm 8,31).
Ma è anche la domenica in cui avvertiamo che
nessuno è padrone della sua vita, perché nessuno
di noi può aggiungere un’ora sola alla propria vita.
È la domenica in cui prendiamo coscienza della
nostra debolezza, della nostra fragilità, delle nostre
paure, è la domenica in cui ci rendiamo conto che
mentre siamo nel pieno della festa, un attimo dopo,
possiamo essere traditi dalla vita stessa. Domenica
delle Palme è una sfida per chi ancora crede
possibile che la vita è oltre la festa di un giorno, è
oltre il rumore di un Osanna.