Tre tavolini sulla rotonda di piazza VII Settembre, apparecchiati con i piatti vuoti. E’
questo il modo plastico che i ristoratori di Napoli che non
hanno spazi esterni usano per dimostrare la loro situazione che
resta di chiusura come previsto dal decreto riaperture del
governo. A farlo sono i ristorantini del centro di Napoli,
quelli amati dai napoletani e che negli ultimi anni precovid
erano invasi dai turisti, che scoprivano li’ i piatti della
tradizione e l’atmosfera del centro storico.
“Sono 14 mesi – spiega Rosario Ferrara, presidente del
Consorzio Toledo Spaccanapoli – che chi ha tavoli solo interni
non puo’ lavorare, le famiglie sono allo stremo, chiediamo che si
possa riaprire anche a capienza ridotta, si deve dare anche a
loro la possibilita’ di sostenere le spese quotidiane, non
mettono un piatto a tavola da tempo e per questo qui abbiamo
portato piatti vuoti. Riaprono teatri e palestre e non capiamo
perche’ non viene tutelato il comparto ristorazione, in centro
storico non ci sono grandi superfici ma trattorie a livello
familiare, si arriva a 8, 12, 15 tavoli al massimo”.
L’associazione rappresenta circa 15 ristoranti del centro
storico ma alza la voce per tutti i colleghi, come pure ha fatto
il consigliere comunale a Napoli Vincenzo Solombrino aprendo una
petizione per chiedere l’apertura.
Non mette il piatto a tavola Giuseppina Aiese, nella sua
Taverna del Buongustaio, trattoria in un vicolo alle spalle di
via Toledo: “E’ un’attivita’ familiare – spiega – da 33 coperti,
una piccola realta’ frutto di sacrifici, non abbiamo mai chiesto
nulla a nessuno, la nostra dignita’ ce la siamo costruiti da soli
e loro non ci consentono di andare avanti. Io sono nel
ristorante da 26 anni, mio padre c’era stato 35 anni prima, ci
hanno distrutti con questa storia che lavorano solo quelli
all’aperto, stiamo in un vicolo e dopo 15 mesi siamo stanchi”.
Aiese sottolinea che i piccolo ristoratori sono al limite:
“Siamo – dice – le vittime economiche del covid. Io non nego il
virus e capisco che all’inizio, non sapendo a cosa si andava
incontro, sono stati giusti i tre mesi di lockdown, ora pero’
basta, e’ troppo. Dobbiamo riaprire, io sono fortunata perche’
fino a oggi posso mettere ancora il piatto a tavola ma c’e’ chi
non ha piu’ questa possibilita’ , bisogna pensare alla disperazione
delle persone”.
Chiusa anche la trattoria “Nanni’ ” a Toledo, come spiega
Vincenzo De Pompeis: “Abbiamo pari dignita’ – dice – rispetto a
chi ha lo spazio esterno. Tutti i cittadini sono in strada,
lavorano, si consente il flusso di giovani nelle piazze, e noi
siamo chiusi? Chiediamo coerenza. La sicurezza si ottiene con il
distanziamento come si fa alle Poste, in banca, in bus, in
metro, non vedo perche’ accanirsi con la ristorazione”.