La battaglia (UNSA): “Attendiamo maxiemendamento ma pronti a tornare in piazza” Appello al governo mentre proseguono azioni legali su riconoscimento TFR/TFS
“Il convegno di Roma ha messo seriamente in discussione il tema della privatizzazione del pubblico impiego avvenuta nel corso degli ultimi 25 anni. Dall’incontro, alla presenza di illustri giuristi e di esperti in materia di contrattazione pubblica, sono emerse importanti considerazioni di carattere giuridico, normativo, politico ed economico sui cambiamenti intervenuti dagli anni ‘90 ad oggi. Gli stessi temi sono stati affrontati anche ieri pomeriggio dalla nostra direzione nazionale. E siamo arrivati alla conclusione che, se necessario, scenderemo in piazza nuovamente per rivendicare il potere contrattuale dei nostri iscritti, costretti ad attendere 60 mesi per il riconoscimento del TFR. Una vergogna della quale la politica sembra non preoccuparsi minimamente”. Così Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal UNSA, a margine della tavola rotonda delle scorse ore all’Hotel Quirinale di Via Nazionale, seguita dalla riunione dei vertici nazionali del sindacato.
“I governi dimenticano forse che siamo la prima forza sindacale delle principali amministrazioni statali, nonché la quarta forza nazionale nel comparto della funzioni centrali, ma non per questo possono ignorare i diritti dei lavoratori. Attendiamo il maxi emendamento ma se le cose non cambieranno torneremo in piazza”, continua Battaglia.
Di diritti negati e di anomalie tipicamente italiane ha parlato, nel corso della tavola rotonda, anche l’avvocato Antonio Mirra. “In Italia la piena privatizzazione del pubblico impiego non è mai esistita – ha detto il cassazionista -. Tanto per citare un diritto calpestato, la Corte Costituzionale ha sollevato obiezioni serie sulla questione relativa al TFS. Gli accordi bancari che prevedono l’anticipo del trattamento di fine servizio dietro corresponsione di interessi bancari violano i diritti dei lavoratori. Siamo di fronte a vicende aberranti, che si verificano soltanto in Italia. Siamo pronti, assieme al sindacato, a portare avanti ogni azione legale a tutela dei dipendenti pubblici”.
Ancora più duro il collega Carmine Medici: “La privatizzazione del pubblico impiego – ha affermato il legale – si fonda su una finzione. Il nocciolo della questione è che i problemi della pubblica amministrazione non possono essere affrontati con soluzioni improvvisate e, quel che è peggio, manca una visione di sistema così come mancano proposte serie e concrete. Una situazione che è destinata a peggiorare con l’introduzione di norme sempre più stringenti in materia di trasparenza e anticorruzione. Norme che non servono a nulla se non ad alimentare il dibattito politico, visto che manca un adeguato sistema di valutazione delle misure volte a disincentivare il rischio corruttivo”.
E a proposito di valutazioni, un discorso a parte merita il tema della misurazione delle performance, fondamentale per la contrattazione privata ma inesistente nel settore pubblico. “Alle soglie del 2020, nel nostro Paese non si riesce a capire che cosa sia e come si valuti la performance del lavoratore. Colpa della burocrazia che blocca i processi? O il problema è a monte, nel senso che non vi sono le competenze necessarie? Le ritrosie purtroppo non mancano e sempre più spesso bisogna ricorrere ai tribunali per veder rispettati i diritti dei lavoratori”, afferma Medici.
“Il nodo però è sempre lo stesso – conclude Massimo Battaglia -. Non esiste una visione d’insieme e non c’è piano strategico per il futuro. Alla politica diciamo che i vertici dirigenziali della PA non sono in grado di raggiungere obiettivi sfidanti semplicemente perché, in molti casi, questi obiettivi non esistono. E non servono nuove norme per risolvere i problemi, occorrono invece nuove modalità organizzative e approcci gestionali più efficienti. Altrimenti s’ingessa l’Italia”, conclude Battaglia.