Si è tenuto nella splendida cornice dell’ Auditorium Paolo VI del Vaticano Roma, il Concerto di Natale che coniuga il piacere del canto e della musica con la concreta solidarietà che andrà a favore dei rifugiati. Due i progetti, in Uganda e in Iraq, che verranno realizzati con il ricavato della serata eccezionale.
Il progetto presentato da : mons. Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Giampietro Pettenon, presidente Missioni Don Bosco, il prof. Italo Fiorin di Scholas Occurrentes e Stefania Scorpio, amministratore Delegato Prime Time Promotions.
Numerosi gli artisti italiani e internazionali invitati a cantare per lo più canti natalizi, che hanno accettano di esibirsi gratuitamente. Due i progetti che saranno finanziati con il ricavato della vendita dei biglietti e dalle somme ricevute dagli sms solidali.
Ha elegantemente condotto la serata Gerry Scotti
Dee Dee Bridgewater, Anastacia, Josè Feliciano, Raphael Gualazzi, All Times Vocal Group, Edoardo Bennato, Giuseppe Scarpato, Alessandra Amoroso, Ermal Meta, Giovanni Caccamo, Mihail, Dan Petean, i flautisti Andrea Griminelli e Gheorghe Zamfir, Miguel Angel Zotto e Daiana Guspero, ed ancora il piccolo coro di voci bianche “Le Dolci Note” diretto dal Maestro Alessandro Bellomaria e quello Usa “New Direction Tennessee State Gospel Choir”, Hussain Al Jassmi, Alvaro Soler, Fabrizio Bosso, Ad accompagnare i cantanti il complesso vocale Art Voice Academy e l’Orchestra Universale Sinfonica Italiana diretta dai Maestri Renato Serio e Stefano Zavattoni.
Un Concerto che educa e che chiama all’azione cosi Mons. Zani dichiara: “in questo senso la musica, l’arte, lo sport sono strumenti importantissimi perché toccano anche la persona, i sentimenti, la fantasia e così via. Ora, per noi, entrare nell’organizzazione di questo Concerto, vuol dire legare l’educazione al linguaggio della musica, dei valori, al linguaggio anche delle vicende che segnano il nostro percorso. Per noi cristiani il Natale è una tappa importante ma anche per chi non crede è un momento forte, di riflessione, in cui uno apre gli occhi e vede le necessità che ci sono nel mondo. Dunque, educare attraverso un concerto vuol dire raggiungere la persona nella mente, nel cuore e anche nelle mani per dire: “Cosa posso fare?”. In questo senso, presentare dei progetti attraverso un concerto vuol dire proprio aiutare la persona a uscire da se stessa: perchè per sentirsi bene bisogna guardare all’altro”.
Un progetto in un campo profughi in Uganda.
Tema del Concerto di quest’anno “I rifugiati”, non gli uomini e le donne che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Europa, ma le migliaia di persone che, per fuggire da guerre e fame, abbandonano le loro case e trovano rifugio nei Paesi confinanti. Come per gli sfollati dal Sud Sudan, l’Uganda che mette in atto un’accoglienza generosa ed esemplare. E uno dei due progetti legati al Concerto è a favore dei giovani sud sudanesi che vivono in un campo profughi ugandese. Lo realizzano i Salesiani delle Missioni Don Bosco Valdocco Onlus. “In Nord Uganda, a Palabek, che è a 40-50 km dal confine con il Sud Sudan – dichiara Pettenon – c’è un nuovo, enorme campo profughi dove noi salesiani siamo presenti da un anno e mezzo. Abbiamo valutato i bisogni che ci sono e, oltre all’assistenza spirituale, perché i profughi sono prevalentemente cristiani, abbiamo individuato la formazione professionale come strumento per poter rispondere al bisogno dei giovani, in cinque settori. Il primo, l’agricoltura perché ad ogni famiglia che arriva in questo campo profughi, l’Uganda offre un piccolo appezzamento di terra da coltivare: insegniamo a fare orticoltura. Il secondo e il terzo sono le costruzioni e la falegnameria, prevalentemente rivolti ai ragazzi, e invece per le ragazze la parrucchiera e la cuoca. Questo vorremmo fare per dare una possibilità di micro-lavoro all’interno di questo campo profughi”.
Ed ancora l’offrire occasioni di crescita ai giovani di Erbil in Iraq
Con un progetto destinato alla città di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Se ne occuperà Scholas Occurrentes che ha già attivato un piano educativo in un campo profughi che prevede oltre alla scolarizzazione di base, l’educazione attraverso varie attività. “ Il progetto che si vorrebbe attivare – afferma il prof. Fiorin –“ riguarda un’azione di collaborazione tra studenti di varie realtà universitarie, in particolare italiane, e studenti di università irachene che si trovano a Erbil, con l’idea di costruire insieme non solo un’esperienza di incontro e di amicizia, ma anche una formazione che abiliti gli studenti a prendersi cura nella loro realtà di ragazzini più giovani di loro che sono in queste situazioni difficili”.
A cura di Pino Attanasio