di Elia Fiorillo
Forse la voglia di lasciare la politica l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi l’ha avuta non poche volte. Sia quando stava in auge, sia quando – come nell’attuale situazione – le cose nel “suo” partito giravano male. E, probabilmente, si sarà ricordato in quelle occasioni del dissenso di mamma Rosa quando le comunicò che sarebbe sceso nel campo della politica. È vero che poi lei, la mamma, nell’arco di poche ore si ricredette e pronunciò la memorabile frase: “Silvio, solo tu puoi salvare l’Italia”. Ma è anche vero che fare l’imprenditore è tutt’altra cosa che fare politica. Silvio l’ha capito a sue spese nel corso del ventennio in cui è stato con alti e bassi sulla cresta dell’onda. Se potesse con molta probabilità oggi getterebbe la spugna, ma non può. Specialmente dopo certe dichiarazioni fatte anche da amici e da possibili compagni di cordata che lo ritengono: “cotto, stracotto e biscottato”. Il capitano non abbandona la nave prima di portarla in porto. Il problema è tutto qui: in quale porto e a quale banchina far approdare Forza Italia?
Gli ex compagni di cordata, Verdini e Fitto, non stanno fermi nella ricerca del consenso, e soprattutto di voti, all’interno del loro ex partito. Tutti ben sanno però che alla fine il mondo del centrodestra, Forza Italia in primis, qualcosa si dovrà inventare se vorrà competere all’elezioni con il Pd di Renzi e con il Movimento Cinque Stelle. È vero che il Pd e il Movimento di Beppe Grillo in questa fase sono avvantaggiati. Il primo perché sta al governo e “il potere logora chi non l’ha”. Il secondo sta all’opposizione e riesce bene a raccogliere il consenso-dissenso tra una grande fetta di cittadini, soprattutto giovani. C’è anche da dire che mentre nel partito del “rottamatore” Renzi figure non proprio in “odor di santità” ce ne sono, nell’altro, quello di Beppe Grillo, c’è un mondo nuovo tutto da scoprire. Il rischio per l’ex presidente del Consiglio Berlusconi e che se non riesce a trovare una “quadra” ragionata nell’arcipelago del centrodestra il bipolarismo non vedrà in campo né Forza Italia, né gli altri suoi possibili alleati.
Un discorso a parte va fatto per Matteo Salvini. Dopo il declino della Lega bossiana è riuscito, soprattutto mediaticamente, a rilanciare l’ex partito della Padania provando a farlo diventare italiano: “Nord e Sud uniti nella lotta”. Le idee non gli mancano nel pescare il dissenso nelle viscere della gente e nel rappresentarlo teatralmente. Il più temibile rivale di Berlusconi è proprio il leader della Lega. E l’ex Cavaliere sa che l’abbraccio di Matteo Salvini può essere per lui e per Forza Italia esiziale. Bisogna fare però buon viso a cattivo gioco sapendo che se si vuole competere con Renzi e con Grillo “compromessi” vanno fatti con gli alleati. Ma su quali basi? Sull’ipotesi, appunto, di arrivare a occupare le stanze di Palazzo Chigi. E, allora, le esagerazioni propagandistiche vanno bene fino ad un certo punto. Serve un programma credibile di governo del paese. Riuscirà Salvini a trasformare le scritte perentorie e a effetto delle sue magliette in punti declinabili di un possibile programma di governo? E Silvio Berlusconi ce la farà ad inventarsi tematiche in contrapposizione ai cavalli di battaglia di Renzi, che una volta erano i suoi, a partire dalle tasse? E se per miracolo alla fine si riuscisse a metter giù un programma credibile e realizzabile chi sarebbe il “conducator”?
Il giovane Salvini lo sta ripetendo da tempo: per scegliere il leader della coalizione ci vogliono le primarie. Silvio Berlusconi questa parola “primarie” non la sente proprio. Non è nel suo DNA. La tarantella degli incontri, dei veti, delle ipotesi, delle indiscrezioni continuerà a tutto vantaggio di Matteo Renzi. Lui, comunque, nel suo partito, con tutti i malumori possibili è l’unico gallo a cantare.