La sala multimediale M. Cacace di Anacapri ha accolto ieri un vasto pubblico di esperti ed appassionati del settore olivicolo e ambientale per il convegno dal titolo: “Gli ulivi secolari di Capri, la riscoperta di un tesoro abbandonato”. A moderare l’incontro il giornalista di Repubblica Pasquale Raicaldo che dopo un saluto ai presenti, ai relatori e ai soci dell’associazione L’Oro di Capri ha dato il via alla conferenza all’insegna dell’identità dell’isola, ed in particolare di Anacapri, in grado di recuperare in maniera diversa un territorio straordinario. L’incontro si è avviato con il saluto istituzionale del sindaco di Anacapri, Franco Cerrotta, che è intervenuto sull’importanza della sostenibilità ambientale, proprio partendo da simboli del luogo come gli ulivi secolari. Ha dichiarato Cerrotta: “Chi conosce Anacapri non la lascia. I temi della tutela dell’ambiente ci appassionano e nel nuovo programma di giunta c’è l’obiettivo dell’innalzamento culturale, abbandonando le logiche del profitto immediato.”
La parola è passata al Presidente de L’Oro di Capri, Pierluigi della Femina: “Siamo animati da un sogno e dall’amore per Anacapri e per i nostri terreni. La meraviglia per noi sono gli occhi dei bambini che si sporcano le mani di terra e sono felici. Spero che lasceremo qualcosa di tutto questo alle nuove generazioni.” A seguire è intervenuto il coordinatore del progetto de L’Oro di Capri, Carlo Alessandro Lelj Garolla che ha parlato dell’impegno in questi primi dieci anni di attività dell’associazione L’Oro di Capri per la tutela del paesaggio, in particolare del recupero degli uliveti, mediato con la macchia mediterranea, nella fascia sud-occidentale dell’isola, dalla Grotta Azzurra al Faro. Ha dichiarato Lelj: “Per noi è fondamentale il coinvolgimento delle nuove generazioni, per trasmettere valori quali il rispetto dell’ambiente e la sua tutela, patrimonio di tutta la comunità. In questo senso sono state portate avanti una serie di iniziative in collaborazione con la scuola primaria del comune di Anacapri. Importante è stato anche il progetto MAMMA EVO, nato da un idea del nostro presidente Pierluigi Della Femina; questa iniziativa, ormai portata avanti da diversi anni, ha come obiettivo riavvicinare le giovani mamme ad un consumo responsabile e sano.
Il progetto, sviluppato con il comune di Anacapri, prevede la donazione a tutte le neo mamme di una confezione di olio EVO dei soci dell’Oro di Capri in modo da poter incoraggiare le neomamme a preparare pietanze con l’olio EVO di Capri per rieducare i loro i figli al sapore del vero olio. Va ricordata inoltre la pubblicazione edita da La Conchiglia “L’isola, terra degli ulivi e d’infinite storie” e curata da Giuseppe Aprea sulla storia dell’olivicoltura a Capri. E’ inoltre prevista a breve la pubblicazione di un racconto illustrato a cura di Simonetta Capecchi. Infine ci sono i ricercatori del CNR che da un’idea dell’agronomo Angelo Lo Conte hanno iniziato un nuovo studio sull’identificazione sia genetica che di età degli olivi e i risultati sono notevoli.”
Ad intervenire, a seguire, l’agronomo Angelo Lo Conte che ha parlato di come sia nato l’interesse per i rari esemplari di ulivi secolari proprio durante i lavori di bonifica del territorio, nelle aree degli uliveti che si cominciavano a rigenerare, quando sono emersi degli esemplari di piante che apparivano immediatamente molto importanti e degni di approfondito studio. Ha dichiarato Lo Conte: “Inizialmente si raccontava che la maggior parte delle piante di olivo, sull’isola di Capri, fossero state impiantate dai francesi durante il Regno Napoleonico circa 200 anni fa, grazie alla Riforma Agraria di Gioacchino Murat. Invece molti esemplari di olivo per la grandezza del fusto e per l’importante carattere di monumentalità dovevano avere necessariamente più di 200 anni. Siamo partiti da qui e avendo avuto la fortuna di conoscere questo gruppo di ricercatori del CNR di Perugia ci siamo rivolti a loro.”
Il cuore del convegno è partito con l’intervento della Dr.ssa Soraya Mousavi, – Ricercatore CNR IBBR sede di Perugia, Responsabile del gruppo di ricerca in olivo – “Uno studio sugli olivi secolari di Capri condotto dall’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBBR-CNR) di Perugia ha portato alla luce ecotipi di olivo finora sconosciuti e ha rivelato altri interessanti spunti sull’età e sull’origine delle piante monumentali che crescono su Capri. L’identificazione molecolare ha rivelato che la maggior parte dei campioni sono geneticamente identici alla varietà campana Minucciola nota nel territorio nazionale con il nome di Dritta di Moscufo in Abruzzo e San Felice in Umbria. I genotipi di un gruppo più ristretto di campioni sono risultati identici alla varietà greca Throumbolia, diffusa principalmente nell’isola di Creta in Grecia, ma presente anche in Sicilia con il sinonimo di Sant’Agatese e in Siria con il nome di Safrawi. Quest’ultima varietà, in un recente articolo scientifico dello stesso gruppo di ricerca, è stata individuata come un progenitore di oltre il 70% di tutte le varietà (oltre 200) analizzate nel lavoro che comprendono oltre al territorio italiano tantissimi altri Paesi del Mediterraneo.
Inoltre, in alcune piante sono stati rinvenuti i profili genetici di Itrana, Frantoio e Leccino. Almeno 20 campioni sono risultati ‘ignoti’ cioè non corrispondenti a nessuna varietà presente nel database del gruppo di ricerca che ad oggi consta di oltre 10.000 accessioni analizzate da piante di olivo provenienti da tutto il mondo. I genotipi unici trovati sull’isola costituiscono una parte del materiale che si sta utilizzando in recenti progetti di ricerca nazionali, OMIBREED e Reach-Xy, per studiare i geni relativi alla resistenza alla Xylella fastidiosa e allo stress idrico, questo sottolinea ancora di più l’importanza della riscoperta di questo tesoro nascosto, citando il titolo della recente pubblicazione scientifica scritta insieme a colleghi del CNR e agli agronomi appartenenti all’Associazione L’ Oro di Capri.”
Ad intervenire in seguito è stato il Dr Saverio Pandolfi – Ex Collaboratore tecnico CNR IBBR sede di Perugia – “Circa 25 anni fa il gruppo di ricerca del CNR IBBR, del quale facevo parte prima del pensionamento, è stato il primo a indagare l’età e individuare geneticamente le varietà degli olivi antichi in collaborazione con altri istituti di ricerca del CNR e del CREA. Per lo studio delle piante antiche nell’isola di Capri abbiamo effettuato diversi sopralluoghi prelevando campioni da una quindicina di piante, selezionandoli in base alla dimensione e alla possibilità di prelievo del materiale da datare.
Tanti olivi possono sembrare molto più vecchi rispetto alla dimensione effettiva del fusto, perché le condizioni pedoclimatiche, terreno e clima, insieme a quelle genetiche influiscono moltissimo nell’accrescimento della singola pianta. In Italia pochissimi olivi sono risultati avere un’età stimata superiore ai 1000 anni. A Capri, abbiamo identificato piante con un’età del legno più antico datata al radiocarbonio tra i 100 e i 550 anni, ma che raggiungono i 1.000 anni in due esemplari applicando una formula per ricostruire la parte mancante e più vecchia del tronco, scomparsa dopo gli attacchi fungini che avvengono in tutti gli olivi più o meno antichi. Per ora abbiamo due olivi millenari nell’isola che se confrontati con quelli analizzati con lo stesso metodo in Italia, ma anche all’estero, risultano essere due degli olivi più antichi di sempre.” Ha concluso il Dr. Pandolfi: “Il metodo del Carbonio-14 è un’analisi che può fare solo un istituto specializzato, occorre un acceleratore di particelle. Il CNR IBBR si appoggia ad un laboratorio di analisi che si trova a Lecce, presso l’Istituto di Fisica. Grazie a questo metodo non solo si risale all’età di un olivo, ma si lega quel determinato esemplare alla storia plurisecolare delle genti che hanno vissuto, curato e attinto dai suoi frutti come si continua a fare oggi grazie al ripristino di questi monumenti viventi.”
Ad intervenire infine il Dr. Roberto Mariotti – Collaboratore tecnico CNR IBBR sede di Perugia – “Recenti ricerche portate avanti dal gruppo del CNR IBBR della sede di Perugia esperti in olivicoltura, hanno dimostrato la presenza di due gruppi di incompatibilità in olivo. In parole semplici e operative, è stato dimostrato e pubblicato in prestigiose riviste internazionali, che le varietà all’interno di uno stesso gruppo sono tra loro intersterili e cioè non si possono impollinare a vicenda. Quindi la condizione per avere un frutto dai nostri olivi è quello di impollinarli tra varietà di gruppi differenti. L’olivo è una specie anemofila e cioè necessita di vento per il trasporto del polline e la fecondazione dell’ovario e in letteratura si conoscono pochissime varietà autofertili, cioè che riescano ad autoimpollinare i propri fiori. Nell’isola di Capri la varietà Minucciola è principalmente coltivata e appartiene al gruppo 1 di incompatibilità, altre grazie al lavoro descritto dalla collega Mousavi come la Throumbolia, come quelle più recentemente impiantate le varietà Leccino e Frantoio, appartengono tutte allo stesso gruppo (gruppo 1) e quindi come spiegato intersterili tra loro. A questo punto la domanda che ci poniamo è quale sia il miglior impollinatore e cioè chi tra i genotipi ignoti o ancora non identificati rendesse possibile la fruttificazione della Minucciola è di primaria importanza per l’economia legata a questo ‘Oro di Capri’.
Una recente indagine effettuata dal presente gruppo di ricerca nella regione Umbria ha consentito con indagini genetiche legate a test di paternità di arrivare ad una stima di tali impollinatori per un piccolo panel di varietà. Lo stesso approccio, ma con tecnologie ancora più all’avanguardia verrà applicato nel prossimo triennio negli oliveti di Anacapri, sottolineando come la scienza può effettivamente portare beneficio ad una comunità che crede fortemente nei valori storici delle antiche coltivazioni applicando al settore olivicolo oleario un approccio tecnologico all’avanguardia.”