Da mercoledì 8 febbraio a domenica 12 è in scena
al Teatro Nuovo: “Amore”, ultimo spettacolo in ordine di tempo della Compagnia Scimone Sframeli, in cui sono rappresentate con semplicità le quotidianità del sentimento amoroso, tenere e allo stesso tempo crudeli, i gesti affettuosi e familiari, alla luce dei ricordi che serbiamo degli avvenimenti che non ritorneranno mai più.
Amore è pure l’ottava commedia di Spiro Scimone e quarta con la regia di Francesco Sframeli.
In scena:,Spiro Scimone (il vecchietto), Francesco Sframeli (il comandante), Gianluca Cesale (Il pompiere) e, per la prima volta, nella storia ultraventennale della compagnia, un’attrice, Giulia Weber nel ruolo della vecchietta.a firmare la scena è Lino Fiorito, al suo attivo un premio Ubu per lo spettacolo precedente della compagnia, Giù; il disegno luci è di Beatrice Ficalbi.
La scena è composta da due tombe a due piazze, il tempo è sospeso e, forse i quattro personaggi stanno tutti prendendo parte all’ultimo giorno della loro vita: due coppie comuni, senza nome: il “vecchietto” e la “vecchietta”, moglie e marito, poi il comandante e il pompiere, amanti clandestini, sono lì al tramonto.
Con la parola “Amore”, quasi ossessivamente, la donna si rivolge al marito: un modo che è tipico del gergo degli affetti, in cui le parole si logorano e si svuotano del significato originario, per diventare altro.
Attraverso i ricordi, le due coppie delineano un universo parallelo fatto di memorie, rimpianti, affettuosità, dimenticanze, in un tempo sospeso, al ritmo di parole assiduamente ripetute che sottolineano i dettagli di una intimità quotidiana e privata domestica, trasformata dalla mutata visione della vita, dei rapporti, degli affetti, tipica della vecchiaia. Con Amore, Scimone prosegue il suo percorso drammaturgico ai limiti dell’umanità. Lo fa, insieme alla Compagnia ricercando con essa l’essenza stessa del teatro “non perdendo mai il legame fra gli attori, il testo e il pubblico”, muovendosi all’interno di non luoghi. Qui i personaggi non hanno nome e l’Amore è una condizione estrema, forse eterna, forse no.
“Queste due coppie sono vicine alla morte, ma con leggerezza infantile parlano di quello che hanno provato da giovani e di ciò che forse non è ancora perduto. Alla fine di tutto, il senso della vita si può trovare solo nell’amore” – spiega Spiro Scimone.
In linea con gli altri suoi lavori, i dialoghi surreali costituiscono la parte nevralgica del nervoso testo in cui ritmi serrati delineano relazioni, attenzioni quotidiane e richieste fisiche, manifestazioni ed allo stesso tempo campanelli di allarme che rivelano i bisogni sempre più pressanti, in bilico tra verità e la tragedia in un quotidiano esasperato.
Inizio spettacoli ore 21.00 (mercoledì, giovedì e sabato), ore 18.30 (venerdì e domenica)
Teresa Lucianelli