E’ certo che tra gli adolescenti e il rischio c’e’ forte affinita’, ma a spiegarla non e’ solo lo spirito di ribellione. A far luce su un complesso rapporto, attraverso studi di neuroscienza, e’ un articolo pubblicato su Nature online, che sottolinea come il tasso di mortalita’ tra i 15 ei 19 anni in tutto il mondo e’ di circa il 35% superiore a quello tra i 10 e 14 anni.

Le prime teorie in merito si concentravano su uno squilibrio percepito nel cervello in via di sviluppo: si e’ visto infatti che le aree collegate con l’impulsivita’ si sviluppano prima rispetto a quelle che governano i processi cognitivi.

Questo modello tuttavia non era sufficiente a spiegare perche’ molti adolescenti non mostrano alcuna propensione al rischio, come dimostrato da Ted Satterthwaite, ricercatore presso l’Universita’ della Pennsylvania a Philadelphia, e autore di un’inchiesta su oltre 45.000 adolescenti che ha rilevato come il 61% non aveva provato sigarette a 17-18 anni. Insomma, si e’ capito che la vulnerabilita’ e’ qualcosa di piu’ complesso, che include anche influenze ambientali. Come dimostrato da ricercatori della Temple University di Philadelphia, che hanno sottoposto a risonanza magnetica alcuni adolescenti mentre giocavano a un videogioco in cui dovevano guidare un’auto superando semafori: se erano osservati da amici erano piu’ propensi a passare col giallo rischiando incidenti, e in questi casi lo scanner ha rivelato una maggiore attivazione nelle regioni del cervello sensibili alla ricompensa, come lo striato ventrale. La ricerca sta anche aiutando a indirizzare comportamenti
nella vita quotidiana.

Ad esempio, studi certificano che i ragazzi che non dormono abbastanza sono piu’ inclini a fumo e alcol. Ma, per i neuroscienziati, informare delle conseguenze e’ meno proficuo rispetto al limitare in modo concreto l’esposizione al rischio: per questo consigliano di aumentare l’eta’ minima per l’acquisto di tabacco a 21 anni e vietare la vendita di alcol entro 300 metri dalle scuole.