Giornata di studio in ricordo dell’archeologa e storica dell’arte Anna Maria Visser
IlCartastorie, Museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, ospita la giornata di studio “Dietro la facciata. Quali realtà, quali scelte, quali professionisti per i musei degli enti locali”. Alla ricerca di un vero sistema e alla comunicazione di “buone pratiche”. Piccoli, medi e grandi musei locali e istituzionali, negli ultimi anni, hanno assistito a significative modifiche normative e preso atto di un ampio dibattito nazionale che richiede cambiamenti cui non sempre gli istituti museali in oggetto hanno potuto rispondere positivamente. A cura di ANMLI e del DiLBeC (Dipartimento di Lettere e BB.CC. Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), la giornata dedicata alla memoria di Anna Maria Visser, archeologia, storica dell’arte, docente universitaria, punto di riferimento per il mondo culturale, intende focalizzarsi su alcuni temi particolarmente urgenti per i musei appartenenti ad enti diversi dallo Stato. La pubblicazione dei Livelli Uniformi di Qualità e l’attenzione crescente al Sistema Museale Nazionale rendono più che mai necessario fare il punto su questa realtà museale italiana, capire con chiarezza chi opera in questi musei, con quali strumenti (normativi e finanziari), con quali forme di gestione e, soprattutto, considerando l’attenzione che Anna Maria Visser ha sempre avuto per questo tema, con quale disponibilità di personale e quale formazione. Pensata come momento di confronto tra i diversi protagonisti del mondo dei musei non statali, la giornata napoletana intende collegarsi al dialogo nazionale da tempo esistente su tali temi e contribuire alla messa in campo di proposte utili allo sviluppo. I numerosi musei non statali che puntellano il territorio del nostro Paese, sono presidi territoriali di memoria, punti di accoglienza e di partenza per itinerari di visita appositamente studiati che potrebbero consentire, in sinergia con altre azioni, di dar vita ad un programma di interventi che permetta non solo l’uso ottimale e la rinnovabilità (ossia la tutela) delle risorse culturali del Paese, ma anche un’innovativa strategia di sviluppo. Tale sinergia potrebbe generare condizioni favorevoli alla loro conoscenza e riqualificazione, stimolare l’iniziativa imprenditoriale ad esse collegata, direttamente o indirettamente, potenziare l’offerta turistica, promuovere e sostenere la costituzione di una filiera produttiva e sviluppare un’identità culturale e nazionale.
«La nostra proposta nasce dalla ricerca universitaria e dal bisogno di confronto sugli esiti della ricerca stessa- spiega Nadia Barrella, ordinario di Museologia del DiLBeC – credo che questo approccio sia estremamente corretto e, soprattutto, coerente con le caratteristiche di un territorio plurimillenario ricco di antichi e polisemici istituti di cui occorre valutare, molto più di quanto siastato finora fatto, il potenziale culturale, economico e sociale. Ritengo che, se ben gestiti, questi istituti possano essere un’immediata risorsa strategica per la qualità della vita delle persone, per la promozione dei territori, per il loro sviluppo sostenibile e per la stessa industria culturale italiana. Materiali o immateriali che siano, i beni culturali sono strumenti capaci di trasformare la pianificazione territoriale in pianificazione culturale del territorio».
«Diviene, perciò, necessario creare nuovi modelli diffusivi – commenta Anna Maria Montaldo, Presidente ANMLI – che contemperino la correttezza di informazioni ed esperienze trasmesse con una maggiore godibilità: si tratta di approdare ad una “gestione implicante”, ossia comprensiva dell’insieme dei bisogni, delle risorse, delle attività e dei prodotti intellettuali e materiali degli individui e delle comunità. La tesi di un patrimonio che sia principio aggregante per il territorio, che, in modo reticolare, ne valorizzi identità, conoscenze, ricerche, innovazioni, potenzialità formative ed informative, costituisce, a un tempo, una plausibile risposta alle necessità di ridefinizione delle reali risorse (anche economiche) del paese e la miglior speranza di sopravvivenza della cultura stessa».