di Elia Fiorillo
Napoli è “mille colori”, ma anche “una carta sporca” di cui nessuno s’importa. È il compianto Pino Daniele che così descrive la sua Napoli. Evidenzia contraddizioni palesi in una città che a buon diritto è da ascriversi tra le grandi capitali d’Europa. In questo angolo di mondo le mezze misure non ci sono. Il parossismo cosa diversa dal folclorismo, anche se poi si confonde con esso, è all’ordine del giorno. Una città che la “normalità” non la conosce e non la capisce, eppure il suo futuro non può che basarsi su un diverso modo d’approcciare i problemi, soprattutto politici.
Il dato positivo che si rileva in questi giorni è l’afflusso turistico che ha fatto registrare quasi il tutto esaurito per alberghi e ristoranti. Pare che il particolare arrivo di visitatori sia dovuto alla paura degli scenari esteri non tranquilli per guerre e terrorismo. Fu Johann Wolfgang Goethe che s’inventò il famoso aforisma: “Vedi Napoli e poi muori”, per la sua bellezza ovviamente. Ma forse sarebbe il caso di trasformare quel complimento in “Vedi Napoli eppoi innamorati…e ritorna”. Dovrebbe essere questo il messaggio promozionale della città non fatto solo a parole, ma con fatti concreti. Ma per innamorarsi oltre al bello ci vogliono servizi normali funzionanti per non trasformare il turista – ma anche chi vive e lavora in città – in un Rambo impegnato a schivare pericoli e inefficienze che si nascondono in ogni dove.
Napoli più che di altro ha bisogno di una banale normalità che non c’è e nemmeno con il binocolo si vede all’orizzonte. Dimissioni a gogò nel sindacato con relativi commissariamenti dall’alto. Lasciano il segretario generale della Cgil Campania e quello di Napoli. Incomprensioni con Susanna Camusso per via di deficit di bilancio e altro. Va via subentrandole un commissario anche la storica segretaria regionale e provinciale della Uil. Rottura insanabile con i gruppi dirigenti locali dell’organizzazione. Il porto di Napoli, per molti un volano per lo sviluppo della città, è commissariato già da un po’. Più o meno sono sette i commissari che gestiscono le Asl, certo non sono né “quisquilie” e nemmeno “pinzillacchere” per usare termini cari al principe Totò. C’è poi anche la Camera di commercio di Napoli commissariata dal governatore De Luca, eppoi “Bagnolifutura”. A proposito di Bagnoli, l’area industriale dismessa che fu un tempo un grande polo industriale in cui erano impegnati centinaia di lavoratori, “sarà un luogo di loisir”. Lo affermava tutto compiaciuto l’allora sindaco di Napoli: era il secolo scorso, il febbraio dell’anno 1995. Lui, il sindaco Antonio Bassolino, pensava a un luogo di piacere, un po’ come il Centro nazionale d’arte e di cultura Georges Pompidou di Parigi, e un po’ come un parco tecnologico con un porto turistico da 700 posti barca. Per ora, e di anni ne sono passati, ci sono ancora i vecchi capannoni industriali e gli attracchi delle navi per il carico dei prodotti siderurgici. Il governo Renzi ha pensato pure di nominare un commissario ad acta nella persona di Raffaele Cantone, responsabile dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, anche se per il momento non se n’è fatto niente. Ma anche i partiti, in primis il Pd, in fatto di commissari non scherzano. Sembra che le parole commissario e commissariamento siano la panacea della governabilità napoletana.
“La scomparsa dei partiti, con le loro articolazioni territoriali democratiche e la loro autorevolezza, ha fatto sì che ogni sindaco, presidente di regione, consigliere comunale o regionale diventasse un partito a sé, spinto da prevalenti interessi personali”. La frase è di Paolo Cirino Pomicino, napoletano e democristiano doc, che sulla fine dei partiti della prima Repubblica ha scritto recentemente un libro: “La Repubblica delle Giovani Marmotte”. Insomma, tanti Masaniello (leggi in questo caso commissari) comandati da altrettanti Masaniello che dovrebbero risolvere i problemi di Napoli. Per rimanere alle credenze popolari napoletane, la jettatura è una cosa seria. Chi ne è colpito pare faccia una brutta fine. Dovrebbe essere stato così per l’originario Masaniello che venne assassinato e il suo corpo, che era deposto in una nicchia della navata sinistra della Chiesa del Carmine Maggiore di Napoli, quasi vicino alla tomba di Corradino di Svevia, trafugato e fatto sparire. Morale della favola: i commissari portano male alla democrazia e per rilanciare una città come Napoli gli uomini soli al comando non servono: serve collegialità vera.