A Cura di Valentina Busiello:

Ettore Acerra: Un professionista che viene dalla scuola, iniziando prima come docente, poi come Preside di diverse scuole. Comincia ad insegnare nel 1982, e nel 1993 inizia la carriera di Preside, Dirigente scolastico. Afferma: “quando si è Presidi di una scuola i problemi li si devono affrontare direttamente, poiche’ altrimenti non si va avanti. Ricordo ancora adesso  a distanza di 15-20 anni, molti ragazzi con gravi problemi di disabilita’ al quale venivano affidati a noi come scuola, l’inclusione mi è rimasta dentro”.

Benvenuto Direttore Ettore Acerra, in tema di eccellenza partiamo dalla buona scuola, che evolve e progredisce a piccoli passi verso un continuo sviluppo dell’istruzione, nella nostra Regione come la Campania, territorio di eccellenza, e che ha tanto bisogno dell’intervento della scuola. Ci illustra soprattutto in questo incarico da Direttore Miur, l’impegno che porta avanti con professionalita’, serieta’ e soprattutto umanita’ in termini di buona scuola?

La Campania e’ una Regione complessa, sociale ed economica, e questa complessita’ naturalmente si riflette anche un po’ sul mondo scuola. In particolare, abbiamo dei numeri elevati che portano la Regione Campania ad essere la seconda in Italia con circa 981 istituzioni scolastiche, e 820 mila tra alunni e studenti. E’ un sistema complesso caratterizzato soprattutto dalle differenze che vi sono tra l’area metropolitana napoletana (diciamo l’interland della citta’ metropolitana), e le aree interne, aree dell’Avellinese, Benevento, Caserta, basso Salernitano, una situazione in cui ci sono realta’ anche molto diverse da un punto di vista anche sociale, culturale, e di demografia. Introduco questo aspetto “demografico” poiche’ la Campania e’ come molte altre Regioni d’Italia una Regione che soffre della denatalità. Per esempio in questo anno abbiamo avuto circa 15.500 tra alunni e studenti in meno, un trend che ci portera’ ad avere tra un paio d’anni, circa 120 mila alunni in meno, che sara’ un problema per la societa’. Per quanto riguarda il mondo della scuola, fortunatamente a questa diminuzione dei discenti non e’ corrisposto ad una diminuzione del personale, poiche’ uno degli impegni che e’ stato preso a livello nazionale e’ quello di non diminuire le risorse professionali al diminuire degli alunni. Questo significa che abbiamo dovuto distribuire l’organico, soprattutto quello dei docenti, in modo un po’ piu’ flessibile, poiche’ il problema della disponibilita’ dei docenti e’ sempre legato a come si formano le classi, alla numerosita’ delle classi ed a quello che si offre alla popolazione scolastica. A livello Regionale abbiamo una media di affollamento per classe molto bassa, per esempio nelle scuole primarie, elementari, abbiamo una media regionale del 17,8% quindi una media bassa, nella scuola superiore siamo sui 21,5% di media, quindi questa denatalita’ ci ha consentito di fare delle classi meno numerose. Cio’ non toglie che in alcune realta’, soprattutto in alcuni licei l’affollamento sia ancora abbastanza rilevante, questo pero’, è anche dovuto al tipo di scelte che le famiglie fanno, poiche’ la Regione Campania e’ caratterizzata da una forte licealizzazione, cioè nel senso che piu’ del 60% degli studenti e’ iscritto ai licei, e porta anche ad una pressione piuttosto rilevante, su alcune istituzioni liceali, rispetto alle quali poi bisogna fare delle scelte.

Un altro problema sulle criticita’ e sulle emergenze?

Forse quello piu’ grave in questo momento e’ quello dell’edilizia scolastica, che e’ stata per molti anni una “cenerentola”. Degli interventi forti e diffusi risalgono a circa 30-40 anni fa’, poi si è lavorato su alcune situazioni, tipo la manutenzione straordinaria, l’edilizia scolastica che rimane una criticita’. Un esempio; abbiamo una percentuale di tempo pieno abbastanza bassa, anche se quest’anno abbiamo cercato di aumentarla, poiche’ non ci sono le mense, quindi fare il tempo pieno senza mense significa costringere i bambini a vivere in ambienti non idonei, ed ha consumare il pasto in ambienti non idonei. Quindi l’edilizia scolastica e’ una delle criticita’. L’obiettivo fondamentale del sistema scolastico campano ed anche del mio incarico da Direttore del Miur, e’ quello dell’affrontare il fenomeno della dispersione scolastica, oltre ad altre criticita’. Sia di quella esplicita, cioè quella che corrisponde agli abbandoni, sia quella dovuta agli insuccessi scolastici che chiamiamo dispersione implicita, una dispersione che non corrisponde a non concludere un percorso, ma corrisponde a dei titoli di studio che alla base dei quali non ci sono delle competenze molto solide. Allora, apparte la questione dell’edilizia scolastica, credo che il principale obiettivo nel nostro sistema sia quello di lavorare fortemente su cio’ che si chiama “poverta’ educativa”, la  dispersione, abbandoni, insuccessi, punti fondamentali su cui intervenire, poiche’ nella nostra Regione Campania c’è un numero notevole, ancora troppo elevato di fascie di giovani tra i 18 e i 24 anni che non hanno conseguito ne un diploma, ne una qualifica, e siamo al 16,4%, rispetto a un obiettivo che dovrebbe essere quello nazionale del 10%. Questo è il problema dei problemi, e va affrontato con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, che vanno da quelli finanziari a quelli organizzativi, agli strumenti didattici. Il nostro ufficio Miur Campania sta’ cercando di lavorare di piu’ e’ di accompagnare le scuole in un percorso di prevenzione da dispersione, di aumento della qualita’ dell’offerta formativa. A questo proposito le risorse economiche a mio parere non mancano. Il PNRR ci ha dato la possibilita’ di intervenire su due assi portanti, laboratori e infrastrutture da una parte, e interventi di potenziamento dell’offerta formativa dall’altra. Sono arrivati i fondi, un esempio, il fondo per la poverta’ educativa che e’ di circa 500 milioni di euro a livello nazionale e che ha visto la Campania assegnataria di 79 milioni di euro che sono tanti e vanno investiti nel migliore dei modi.

Direttore, il problema non è l’arrivo dei fondi, ma come investire questi fondi, come saperli distribuire e’ d’accordo?

Vi elenco due considerazioni. La prima e’ che a mio parere ed a parere di tutto il gruppo che sta’ lavorando nel mio ufficio, uno degli strumenti fondamentali è il fare rete, significa che, sia tra le scuole dello stesso territorio, sia fra tutti i soggetti che in un territorio collaborano per la scuola, parlo dell’ente locale, anche del terzo settore, delle parrocchie, la chiesa in generale, le cooperative sociali, tutti coloro che hanno dato e devono dare sempre un maggiore contributo nel realizzare questo grande piano per la poverta’ educativa. Abbiamo dato un orientamento abbastanza netto alle scuole, la prima e’ di fare rete tra loro, poiche’ non tutte le scuole hanno avuto questi fondi, quindi se in Campania ci sono state 350 scuole su 981 che hanno avuto i fondi significa che ogni scuola deve farsi carico della rete comune. Quindi, il primo imput che abbiamo dato alle scuole in un modo strutturato nel nostro ambito territoriale, e’ decidere il come fare rete per utilizzare nel migliore dei modi questi fondi.

E’ un impegno difficile far fare rete alle scuole?

Semplice non è. Penso che in questo momento sia proprio doveroso, nel senso che abbiamo con il Comune di Napoli che comunque e’ una realta’ quotidianamente importante, gia’ programmato degli incontri con tutti i dirigenti dei 10 Municipi della citta’ di Napoli, quindi a partire da pochi giorni ci saranno 10 incontri per ogni Municipio, che il nuovo assessore all’istruzione ha ripreso un discorso lasciato dalla nostra cara amica Assessore, la Professoressa Filippone che non c’è piu’, un discorso di programmi di incontri congiunti per parlare a tutte le scuole, per orientarle, verificare quali sono le maggiori criticita’, e quali i possibili interventi. Anche perche’ vorremmo che questi fondi fossero impegnati non solo per un ampliamento dell’offerta formativa, ma per entrare all’interno della didattica di tutti i giorni poiche’ certe volte la tentazione e’ quella di realizzare una scuola solo dei progetti, che non dovrebbe essere cosi. Si tratta non solo di potenziare il tempo scuola, ma utilizzare al meglio il tempo scuola, cioè nel senso che dobbiamo intervenire in aggiunta ed all’interno del curriculum ordinario. La scuola non deve essere solo dei progetti, ma del progetto educativo. Poi naturalmente c’è una questione docente, nel senso che in Italia ormai da tanti anni si parla della questione docente. Con il Ministro Bianchi quando tempo fa abbiamo parlato del piano scuola e del PNRR, lui diceva: le parole d’ordine di questo piano devono essere tre, formazione, formazione, formazione. Cioè, i docenti devono riconquistare un ruolo professionale, poiche’ sia nella societa’ che nel sistema scuola il docente ha un po’ perso il suo ruolo, quello di professionista riflessivo di un professionista che non si limita a fare il compitino ma deve cercare di essere un formatore ed un educatore, un disciplinarista, un professionista esperto sulle competenze non cognitive. Questa e’ la questione.

Napoli, citta’ di eccellenza in vari ambiti, soprattutto nella scuola?

La citta’ di Napoli e’ piena di eccellenze. Potrei elencare diversi esempi, partendo dal primo; nella scuola abbiamo gli ambiti territoriali, un ambito che coinvolge una zona difficile che è Napoli Nord, come la citta’ di Giugliano e dintorni, chiamato in termine di scuola l’ambito 17” che sta’ realizzando un lavoro di rete. E’ un ambito d’avanguardia, poiche’ ci sono delle complessita’ territoriali che per esempio in Giugliano in Campania e’ il Comune piu’ popoloso d’Italia dove si sta’ gia’ realizzando il concetto e la sinergia di rete. Per esempio, c’è una collaborazione molto attiva con i servizi sociali, con la Procura del Tribunale dei minori nel progetto di recupero. Un intervento continuo ed immediato. Attualmente stiamo per pubblicare una nota che e’ stata scritta a quattro mani con le Procure dei Tribunali dei minori, per poter individuare dei meccanismi di tutela dei minori che non siano solo quelli tradizionali. Il Tribunale dei minori interviene sulle patologie, quelle terribili che pure ci sono, ma deve aiutare i servizi sociali nella scuola a seguire questi ragazzi prima che si disperdano. Dal momento in cui ci sono degli elementi predittivi, cioè un ragazzino che ha una frequenza disordinata, del tipo con 20 giorni di assenza non giustificata, allora non possiamo arrivare fino alla fine dell’anno. Come scuola dobbiamo segnalare il ragazzo a tutte le strutture che lavorano insieme al nostro ufficio regionale Miur e che devono affrontare il caso con strumenti di prevenzione.

La prevenzione scolastica e’ uno strumento di fondamentale importanza?

E’ uno strumento che va adottato in tempi brevi. Attualmente il Comune di Napoli sta’ mettendo su’ una piattaforma informatizzata per queste segnalazioni. Mentre per gli altri Comuni proporremo un modello unico. Stiamo lavorando nel cercare di dare un po’ a tutte le scuole un orientamento con pieno rispetto dell’autonomia scolastica, nel senso che abbiamo rispetto per un valore che e’ inserito anche nella Costituzione. Pero’ se come uffici, come sistema, non li accompagnamo poi le scuole si sentono sole. Non per cercare alibi, ma due anni e mezzo di pandemia per la scuola campana sono stati anni pesanti, soprattutto nei rapporti educativi. Un esempio, il rapporto con la famiglia che pure e’ stato sempre un punto di attenzione, e certe volte anche di criticita’, dopo due anni di rapporti solo a distanza, non e’ stato semplice per nulla riannodare rapporti personali e diretti. Quindi, la pandemia ha lasciato molte esperienze positive soprattutto, anche perche’ abbiamo imparato a far cose che prima non immaginavamo nemmeno.

Direttore Ci parla dell’affidamento educativo?

Ci dovrebbe essere una corresponsabilità educativa. Il rapporto con la scuola deve riacquistare quella fiducia che deve essere alla base di tutti i rapporti virtuosi. La scuola che favorisce il dialogo, l’inclusione sociale. Recuperare quel contesto educativo che comunque e’ la base di qualsiasi apprendimento, perche’ se non c’è un contesto educativo positivo, poi l’apprendimento ha difficolta’. E’ chiaro che poi la finalita’ è quella di formare dei bambini e dei ragazzi che siano competenti, che abbiamo delle competenze di cittadinanza fondamentali. Questo è molto favorito da un contesto educativo positivo, virtuoso, e non c’è l’uno senza l’altro. Infatti, il nostro si chiama sistema educativo di istruzione e formazione. Il tema educativo e’ funzionale a poter poi lavorare sull’istruzione e sulla formazione dei giovani.

Il Comune di Napoli per la scuola campana e’ un partner indispensabile.

Ci ha illustrato i quattro punti fondamentali sulla buona scuola, la prevenzione, l’educazione, la formazione, l’inclusione scolastica. Ci illustra anche i progetti sui bambini H?

Un altro punto che fa parte del sistema sono i vari interventi integrati per l’inclusione scolastica. Abbiamo dei numeri che sono molto elevati sui bambini H. Quest’anno abbiamo circa 36 mila, bambini e ragazzi che hanno una certificazione di disabilita’, e sono tanti, poiche’ rappresentano circa il 4,5% del totale. Per non parlare delle certificazioni di disturbi specifici e di apprendimento, che sono oltre i 36 mila. Poi abbiamo altri fenomeni di bisogni educativi speciali, ma se ci vogliamo concentrare sui bambini con disabilita’, abbiamo quest’anno potenziato l’organico di sostegno portandolo a 23 mila unita’, nel senso che abbiamo 23 mila posti solo di sostegno, e sono tanti, pero’ si tratta di distribuirli bene e di utilizzarli al meglio. Anche perche’ il piano che ogni scuola parla di inclusione deve essere un piano che deve consentire ai bambini e ai ragazzi di acquisire sempre maggiore autonomia. Cioè l’insegnante di sostegno è un supporto al processo educativo, che e’ un supporto alla scuola, al consiglio di classe e al bambino, insomma, ma non e’ che si puo’ trasformare in un assistentato materiale, poiche’ questa figura appartiene ad un altro tipo di categoria. Alle volte i genitori dicono, no, ci deve essere il sostegno per tutte le ore della scuola, il che come preoccupazione da genitore lo capisco, pero’ se questo bambino progressivamente, non subito, non viene guidato verso una conquista della propria autonomia non si integrera’ mai del tutto, poiche’ avra’ sempre un solo riferimento. Molte volte il bambino con disabilita’ ha come riferimento la famiglia, e nella scuola come riferimento l’insegnante di sostegno. L’inclusione non è questa, l’inclusione significa che il bambino deve sentirsi accolto in una comunita’ alla quale fanno parte tutti gli altri insegnanti, i propri compagni, il dirigente scolastico, quindi affidare un bambino ad un unico riferimento educativo e’ sbagliato. Cerchiamo di dare tutte le ore di sostegno che possiamo, pero’ questa corrispondenza, orario scolastico – insegnante di sostegno è una corrispondenza che alle volte e’ necessaria, e dipende da casi specifici, poiche’ c’è poi il bambino che ha una disabilita’ grave che deve per forza essere seguito passo passo, ma in altre situazioni il ruolo dell’insegnante di sostegno e’ quello di abituarlo all’autonomia, a costruire un progetto di vita di un certo tipo, altrimenti quella non e’ inclusione. Ricordo quando ero bambino c’erano le cosiddette classi differenziali, del tipo alcuni bambini con disabilita’ venivano presi dalle classi e portati in altre classi. Fortunatamente la legislazione italiana ormai dagli anni 70 ha previsto di integrare questi bimbi con disabilita’ insieme con bimbi normali, pero’ questo non significa affidarli ad un insegnante di sostegno e stop, ma inserirli in una comunita’. Su questo ci teniamo tanto. Ogni uno deve avere un intervento adatto alla propria persona, che abbia una prospettiva. La scuola non puo’ essere un area di parcheggio ma deve essere formativa ed inclusiva.

La cultura e’ importante nelle scuole, soprattutto cultura sulla disabilita’ dei minori, individuare attraverso le qualita’ di un bambino, anche la piu’ semplice per poterla sviluppare?

Abbiamo una presentazione sulle disabilita’ dei minori in Italia che e’ molto avanzata che non riguarda solo la storia, ma anche l’ente locale. Per esempio ogni Comune dovrebbe contribuire a costruire quello che la legge chiama “progetto di vita”. Il progetto di vita, il cosiddetto PEI (progetto educativo) che sostanzialmente in ambito scuola si mette in atto per costruire un progetto di vita. Qualsiasi bambino deve avere un progetto di vita, che sia quello di rimanere in famiglia, di essere integrato nel mondo del lavoro in mansioni che siano adatte a lui, e sta’ alla scuola e i suoi dirigenti e docenti costruire il PEI strumentale, quello strumento affine alla costruzione di un progetto di vita.