L’ingresso nel tunnel degli orrori costava otto euro. Pochi spiccioli e si potevano guardare,
commentare e scambiare foto e video a contenuto
pedopornografico. “Immagini raccapriccianti”, le hanno definite
gli stessi investigatori. A volte con bambini piccolissimi e
persino neonati. La rete e’ stata smantellata dalla polizia
postale. Tre arresti, ventisei indagati (tutti italiani),
centinaia di perquisizioni da una parte all’altra del territorio
nazionale, migliaia di file recuperati e sequestrati.
Nei giorni scorsi era gia’ stato fermato e messo ai
domiciliari un sacerdote, don Nicola De Blasi, 55 anni,
direttore della Caritas di Benevento. Ora e’ toccato a un tecnico
informatico piemontese di 37 anni e a uno studente diciottenne
della provincia di Bari: e’ stato lui, il ragazzo, quando era
ancora minorenne, a creare la piattaforma a pagamento. Una sorta
di circolo privato dove il giovane metteva a disposizione degli
utenti – che per accedere avevano versato una specie di
abbonamento – il materiale che si procurava nel dark web. Le
immagini potevano anche essere scambiate dai clienti attraverso
applicazioni di messaggistica istantanea.
L’inchiesta, chiamata in codice “Meet Up”, e’ stata coordinata
dal pm Valeria Sellaroli, della procura di Torino, ed e’
cominciata nel febbraio di quest’anno con il monitoraggio dei
canali di una piattaforma di messaggistica che fornisce a chi la
frequenta ampie garanzie di anonimato. Per gli investigatori non
e’ stato facile trovare l’imbocco del tunnel e percorrere i
meandri del labirinto. Gli operatori hanno lavorato sotto
copertura, creando dei nickname fasulli e spacciandosi per gente
interessata a foto e video.
“Ci e’ voluto – spiega Fabiola Silvestri, dirigente del
compartimento di polizia postale del Piemonte – un lungo lavoro
di carattere preparatorio. Quelle persone sono molto attente e
non si tengono in contatto con chi non conoscono. Abbiamo dovuto
cercare di costruire un rapporto di fiducia, perche’ non basta
padroneggiare il mezzo informatico e visionare una piattaforma:
bisogna comprendere anche il gergo utilizzato per le
conversazioni”.
“E’ costato un grosso sforzo mentale – ammettono al Comando –
assumere le vesti dei propri target, fingere di essere uno di
loro, far credere di avere quel tipo di inclinazione”. Gli
operatori sono dovuti passare da un orrore all’altro: in una
“galleria” suddivisa per categorie non mancavano le vere e
proprie violenze sessuali ai danni soprattutto di bambini in
tenerissima eta’ .
Una volta costruito il legame e’ stato possibile seguire le
tracce informatiche lasciate agli utenti e risalire alla loro
identita’ .
L’arresto di don Nicola, avvenuto il 3 novembre, ha sconvolto
un’intera comunita’ a Benevento. Il sacerdote, stimato e
apprezzato, e’ conosciuto per l’impegno a favore dei giovani del
Rione Liberta’ , dove e’ parroco nella chiesa di San Modesto.
Nessuno riesce a credere alle accuse.
Ma la polizia non ha dubbi: i file trovati nel suo computer
sono di contenuto inequivocabile. I suoi avvocati, Massimiliano
Cornacchione e Alessandro Cefalo, affermano invece che il
materiale faceva parte di un dossier che il sacerdote stava
raccogliendo nel periodo 2015/16 per documentare il fenomeno
della pedopornografia nella Chiesa.
Le perquisizioni sono scattate in Piemonte, Campania, Emilia
Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana,
Umbria, Veneto.