I numeri dei contagi e dei ricoveri sono in crescita, come spiega il ministro della Salute Roberto
Speranza, tali dal far alzare l’attenzione negli ospedali. Si
riattivano le reti di monitoraggio ma al momento la situazione
resta sostanzialmente stabile per quello che riguarda i tassi di
occupazione da parte dei pazienti Covid dei posti letto, con un
trend di incremento nei reparti “non critici” giudicato ancora
sostenibile dalle strutture ma da tenere sotto stretta
osservazione. A fare il punto e’ Dario Manfellotto, presidente
nazionale della Federazione delle Associazioni Dirigenti
Ospedalieri Internisti (Fadoi), la principale Societa’
scientifica della Medicina Interna che conta oltre 3.000 medici
internisti in tutta Italia, professionisti che stanno
raccogliendo gli elementi sui possibili campanelli di allarme
delle pandemia “pronti ad attivarsi”.
“Gli ospedali sono allertati – ha spiegato Manfellotto – ed e’
in corso un monitoraggio da pare del Fadoi”.
I medici segnalano a Bologna la riapertura del reparto Covid
all’ospedale Maggiore e al Sant’Orsola. In Liguria la situazione
e’ stabile ma aumentano i positivi. In Sardegna i numeri al
momento sono in calo e il reparto Covid a Cagliari a chiuso. “Il
Lazio proprio ieri ha riattivato la rete regionale di
sorveglianza per la segnalazione dei casi – ha aggiunto
Manfellotto – e in Piemonte c’e’ una prevalenza di asintomatici
con lo 0,5% di tasso di ricoveri. In Umbria leggero aumento dei
casi ma non dei ricoveri”. Molti i casi segnalati fra i giovani.
“In Campania i ricoveri sono ancori contenuti mentre in Calabria
c’e’ una lieve crescita in area medica. In Lombardia infine
‘tengono’ gli hub di ricovero mentre dal Veneto arrivano
segnalazioni di aumenti di pazienti in ospedale e Padova e a
Verona”.
Lo scorso anno nelle medicine interne sono stati circa 400mila i
ricoveri saltati causa la pandemia, che ha visto proprio gli
internisti farsi carico del 70% dei pazienti Covid. Ebbene la
stima della Federazione e’ che a oggi il recupero sia stato quasi
totale, con solamente l’8% in meno di ricoveri rispetto a quelli
registrati nel 2018, prima dell’era pandemica. Dal primo gennaio
2018 a settembre dello stesso anno i ricoveri erano stati
infatti 705mila, mentre nello stesso periodo di quest’anno se ne
contano 650mila, solo 55mila in meno (l’8% appunto) rispetto al
pre-Covid. I numeri non cambiano di molto se si prendono in
considerazione i soli pazienti cronici, che rappresentano una
fetta consistente dei ricoverati nelle medicine interne dei
nostri ospedali. Sempre da gennaio a settembre nel 2018 i
ricoveri in questo caso erano stati 395mila, mentre nello stesso
periodo di quest’anno si e’ arrivati a 346mila. Come dire che
sono solo 49mila i ricoveri che mancano all’appello, il 12% per
ritornare ai livelli anti-pandemia. “Se dovesse riaprirsi
l’emergenza ci potremmo trovare di nuovo di fronte ad una
penalizzazione di questi malati”, ha concluso.
I dati quotidiani testimoniano questo andamento in crescita dei
ricoveri ordinari. I ricoverati con sintomi nei reparti non
critici sono stati 2.754, ovvero 47 in piu’ rispetto a ieri, una
cifra simile al giorno prima e a quelli ancora precedenti.
Secondo i dati Agenas, restano stabili ancora i valori nazionali
delle occupazioni dei posti letto nei ospedali da parte dei
malati di Covid, con un valore del 4% per le terapie intensive e
del 5% per i reparti non critici. Ma, secondo i dati del
monitoraggio Covid sul sito Agenas (l’agenzia per i servizi
sanitari regionali) aggiornati a sabato, per quello che riguarda
le terapie intensive, nel Molise la percentuale sale di due
punti percentuali arrivando al 5% e di un punto in Calabria
(raggiunto il 3%), Marche (che arriva al 9%) e Bolzano (al 5%
totale). Migliora, sempre di un punto, in Emilia Romagna,
Toscana e Umbria. Aumenti nei reparti ordinari di un punto in
Liguria e Trento mentre scende dell’1% in Abruzzo, Sardegna e
Valle d’Aosta.