di Elia Fiorillo
Le dimissioni alla fine le ha firmate e fatte protocollare il sindaco di Roma Ignazio Marino, ma potrebbero essere con il “botto” per Matteo Renzi. Per essere irrevocabili ci vogliono venti giorni di calendario e in tanto tempo può succedere di tutto. Il sindaco-chirurgo in fatto di colpi di teatro – anche non volontari – è maestro e potrebbe sempre tornare sui suoi passi. Il Partito democratico definitivamente e clamorosamente l’ha mollato e, allora, un sassolino dalle scarpe potrebbe sempre levarselo. Già ultimamente ha annunciato rivelazioni su presunte “pressioni” che avrebbe avuto nella sua azione di governo. Un modo per mandare segnali inequivocabili di allerta a quelli che hanno staccato la spina in un momento topico per il suo mandato di primo cittadino e per la sua condizione personale. Proprio quando era attaccato su una tematica che gli rimaneva l’unica bandiera da poter sventolare quella, appunto, dell’onestà personale. Chi si aspettava rivelazioni nel giorno della firma con la penna dall’inchiostro verde – quella delle grandi occasioni – dell’addio al Campidoglio è rimasto deluso. Né una parola, né un commento, neanche un ciao ai numerosi giornalisti in attesa da ore per cogliere le sue esternazioni. Niente. E’ un segno di chi non vuol scoprire le carte per non compromettere la partita che ha intenzione di giocare?
Al Partito democratico Ignazio Marino non è mai piaciuto, troppo lontano dalle logiche stringenti di partito. Il braccio di ferro cominciò già dalla campagna elettorale dove Marino se ne andò per conto suo senza tener troppo in considerazione i “suggerimenti” che gli venivano dal partito. Vista la vittoria ottenuta bisogna dire che fece bene, tenuto anche conto dei giudizi espressi successivamente nella relazione di Fabrizio Barca in merito ai circoli romani del Pd, quando scoppiò il caso di Mafia Capitale: «Un partito dannoso, cattivo, pericoloso»; un partito al servizio degli eletti, «non dei cittadini». L’eredità amministrativa lasciatagli dal suo predecessore Gianni Alemanno era di quelle terribili. Al suo fianco dal primo momento ci sarebbe voluta una squadra determinata, pronta a rivoluzionare l’amministrazione capitolina. Non è stato così. C’è mancato poco che Roma Capitale fosse cassata per mafia, con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Ci voleva per il Campidoglio un esperto e silenzioso chirurgo, pronto a incidere il corpo malato dall’amministrazione, non un “gaffeur” pieno di sé, convinto che sbandierando la sua onestà personale tutto gli sarebbe stato possibile.
Il personaggio Marino, come abbiamo visto nel corso della sua attività di sindaco, è uno che non s’arrende neanche difronte all’evidenza dei fatti. Ha occhiali tutti suoi per vedere ed interpretare la politica e non solo. E’ dietrologia pensare che potrebbe ritirare le dimissioni e presentarsi in Consiglio comunale con una proposta “rivoluzionaria” anti Pd? Non è detto che se decidesse un’operazione del genere i numeri non li avrebbe. Certo, i democrat gli sparerebbe addosso insieme ai Grillini, ma a non tutti i consiglieri comunali l’idea di ritornare a casa piace. Un motivo che potrebbe far rabuiare lo scontroso dimissionario sindaco di Roma è l’idea che il personaggio (prefetto o non) che sarà designato al suo posto come commissario sicuramente sarà un uomo vicino al presidente del Consiglio. Questi gestirà il Giubileo ricambiando il favore della nomina, dando a Renzi tutti i meriti possibili e immaginabili dell’eventuale successo dell’evento storico. Ecco, un pensiero così potrebbe far imbestialire il marziano Marino che conseguentemente strapperebbe le dimissioni impostegli da Matteo Renzi, che proprio in questi giorni pure lui ha problemi con vecchie note spese di quand’era sindaco di Firenze. E quale maggioranza lo sosterrebbe? Un raggruppamento di dispettosi, per niente convinti delle qualità politiche del sindaco ma sicuri di fare un attentato d’immagine, e non solo, al premier Renzi. Insomma, una vendetta, una tremenda vendetta. Ma l’idea più probabile che frulla nella testa dell’ex sindaco è riconquistare il Campidoglio -provarci per lo meno – a suon di preferenze elettorali. Sia con le primarie, sia senza. Una sua candidatura alle primarie del Pd, che Renzi ha rilanciato ultimamente, sarebbe un bello sfregio per il presidente del Consiglio, ma anche una “lista Marino” antagonista a quella del Partito democratico. Insomma, una cosa è certa: Ignazio Marino non ha nessuna intenzione di ritornare a fare il chirurgo, per lo meno nel breve periodo. Con molta probabilità sfrutterà mediaticamente l’immagine del “marziano” della politica che ha combattuto contro le “caste” – Pd compreso – che hanno ridotto Roma com’è oggi. Lui ci ha provato a cambiare musica ma…