Intervista alla Dott.ssa Giuseppina Tommasielli-unità di crisi della regione Campania
Ad un anno dall’ inizio della pandemia Covid-19 molti sono ancora i dubbi e le incertezze, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza sanitaria. Con lo stop ai ricoveri programmati per contrastare il sovraffollamento negli ospedali, aumenta la mole di lavoro per i medici di famiglia, il primo livello di assistenza sanitaria. Purtroppo, molti pazienti tutt’oggi si sentono abbandonati a se stessi, non trovando nel proprio medico di base l’assistenza adeguata. A molti viene negata la visita domiciliare, altri non riescono a reperire il proprio medico telefonicamente, altri non riescono neppure ad avere una visita allo studio in quanto la si può ottenere solo su appuntamento, ma il numero di visite giornaliere è limitato. Ma quali sono i compiti, in questo periodo storico, del medico di base, e quali sono i diritti dei pazienti? A questo proposito abbiamo intervistato la Dott.ssa Giuseppina Tommasielli rappresentante di medicina generale dell’unità di crisi della regione Campania. Dottoressa secondo lei i medici di base come hanno gestito l’emergenza? “Come tutte le categorie anche la medicina di famiglia in una prima fase ha vissuto un momento di disorientamento legato alla mancanza dei presidi di protezione individuale, inoltre non si sapeva nulla del virus e questo ha creato smarrimento. Successivamente grazie alle direttive ministeriali e regionali, abbiamo appreso procedure, tempi e modalità. Quando ancora mancavano i sistemi di protezione individuali abbiamo iniziato a fare il triage telefonico”. Con l’arrivo dei sistemi di protezione individuali cosa è cambiato nella procedura? “Sono iniziate le visite a domicilio ed infatti il 90% dei pazienti covid sono stati gestiti a casa, mentre solo la restante parte è arrivata al ricovero. I pazienti giunti in ospedale sono la punta dell’iceberg di tutti i positivi dei territori seguiti essenzialmente dai medici di base”. Dottoressa lei quindi mi conferma che i medici di base sono tenuti a fare visite domiciliari? “Assolutamente si, la regione ha messo a punto un protocollo per l’assistenza domiciliare e molte asl si sono adeguate, come l’asl di Caserta, la Napoli2 e Napoli 3 hanno costituito i team USCA, squadre speciali che vanno a casa dei pazienti lì dove il medico di base, dopo un suo primo intervento, ritiene che sia opportuno un livello di assistenza successiva alla propria, prima dell’ospedale”. Come si spiega che molti medici tutt’oggi si rifiutino di fare visite domiciliari nonostante sia intervenuto il TAR con una sentenza in cui sostiene che le visite domiciliari costituiscono parte integrante dei compiti di un medico a prescindere dalle funzioni attribuite alle Unità Speciali di Continuità Assistenziali- USCA ? “Il ricorso al TAR secondo me è inopportuno in quanto è chiaro che nell’ operato del medico e nel rapporto fiduciario medico-paziente non si dovrebbe mai arrivare alla magistratura. In questo caso la magistratura è arrivata, ed ha risposto che il medico con tutte le opportune precauzioni, deve recarsi a casa dei pazienti Covid. Per quanto riguarda i pazienti no-Covid non c’è nessun motivo per cui un medico non possa recarsi a visitare un paziente. E’ chiaro che dinnanzi a sintomi come febbre o simil-influenzali la diagnosi non la si può fare, ed è per questo che dal mese di novembre, con un accordo in regione e secondo disposizione della commissione del CTS nazionale, i medici di base possono fare i tamponi antigenici rapidi, affinché si possa fare una diagnosi differenziale. Molti medici li stanno facendo, io per prima sto facendo tamponi anche nei casi di contatti stretti, per isolare e tracciare al meglio il virus”. Ci risulta che, spesso si ha difficoltà anche nel contattare il proprio medico telefonicamente, in quanto si questo avendo un elevato numero di assistiti e non riesce a seguirli tutti. A questo proposito le chiedo se un medico di base ha troppi pazienti perché non ne abbassa il numero in modo da poter seguire tutti al meglio? “Noi abbiamo dei contratti precisi che ci obbligano a rispettare determinate regole. Nel mese di Luglio poiché si rendeva necessaria una maggior disponibilità telefonica, a Roma è stato firmato un accordo secondo il quale il medico di famiglia, che in condizioni ordinarie è reperibile solamente negli orari di studio, deve essere reperibili fino alle ore 20:00. Quindi ci sono questi estremi di legge e di disposizioni, tra cui quella di fare i tamponi, le visite domiciliari, rispondere al telefono fino alle 20:00, tenere lo studio aperto (nel caso di 1500 pazienti) tre ore al giorno per cinque giorni a settimana e il sabato mattina dalle ore 8:00 alle ore 10:00 che coincida, quindi, con l’orario di apertura della guardia medica, fino a lunedì mattina. Questo i miei colleghi lo sanno bene, in quanto per questo noi siamo stati anche retribuiti, ed è giusto che i pazienti sappiamo, perché qualora gli fosse negata una di queste cose allora possono rivendicare i propri diritti”. Cosa può fare o a chi può rivolgersi il cittadino che ha difficoltà o a reperire, o a ricevere assistenza dal proprio medico? ”I cittadini sono portatori di diritti ,e i diritti dei cittadini si vanno a rivendicare nelle sedi giudiziarie opportune, noi abbiamo dei contratti precisi , abbiamo degli obblighi e il cittadino deve saperlo e deve esserne informato”.
A cura di Grazia Ritrovato