Il rito napoletano del caffe’ per socializzare e’ finito con l’inizio del lockdown, il consumo e’
stato ridotto ad una dimensione individuale, e nella Fase 2 la
tazzina del bar a in asporto o consegna non decolla. La Fase 2
permette consegna a domicilio ed asporto, ma solo su
prenotazione. Tutto il contrario della socializzazione, e per i
bar piu’ grandi, non ci sono le condizioni per riaprire.
Resta chiuso il “Gambrinus, locale-simbolo, che in una
normale giornata pre-Covid 19 serviva al banco “diverse
centinaia di caffe'”. “Abbiamo 30 dipendenti in cassa
integrazione – dice Massimiliano Rosati – ed i contratti a
termine non sono stati rinnovati. Il movimento turistico e’ a
zero. Riaprire prima del 1 giugno? Non escludiamo di farlo, e
non abbiamo aderito alla protesta dei commercianti di Chiaia.
Non e’ il momento delle polemiche, ma dobbiamo fare una
valutazione sui costi. Con questi numeri non ci rientriamo”.
Nella Galleria Umberto I, popolata solo di clochard, che ci
allestiscono i loro giacigli, i bar che hanno aperto sono due.
Niente tavolini, che sono vietati: “Posso vendere forse 30 caffe’
ai clienti dell’ ufficio postale – dice sconsolato uno dei
titolari – cosi’ non vale la pena di lavorare”.
Chiusi i grandi locali, aperti solo i piccoli bar, a
conduzione familiare, senza dipendenti. Alla Stazione centrale
non ha riaperto neanche la caffetteria-ristorante. “Ha riaperto
forse un bar su 10 – dice il presidente di Fipe-Confcommercio,
Massimo Di Porzio – i bar, con gli uffici e la gran parte dei
negozi chiusi sono i piu’ penalizzati della nostra categoria,
insieme alle pasticcerie. A chi lo consegnano il caffe’?”.
Assurdo viene definito dai titolari dei bar l’asporto del
caffe’ previo prenotazione on-line o telefonica. “Non capisco
perche’ ad un cliente all’esterno del locale non si potrebbe
consegnare un caffe’, cosi’ come un macellaio consegna un
pacchetto con la carne – aggiunge il presidente della Fipe – l’
ordinanza mi sembra molto approssimativa. Ci fanno carico anche
delle file all’esterno ai locali, come se potessimo essere
responsabili dei comportamenti della gente”.
I bar in gran parte chiusi, dal centro al quartiere collinare
del Vomero, dove a piazza Vanvitelli funzionano tre locali su
sei, contribuiscono all’immagine di una citta’ semivuota, come in
una giornata di pieno agosto. I pochi locali aperti hanno
l’ingresso sbarrato con tavolini o cordoni di plastica per
impedire l’accesso dei clienti. Spesso sulla vetrina c’e’ un
cartello con il numero di telefono per le prenotazioni. Ma chi
prenota una tazzina di caffe’?