La cerimonia il 27 dicembre sull’isola blu nella giornata inaugurale della manifestazione L’album delle musiche originali è disponibile online su Apple, Amazon, Spotify Il film già premiato alla Mostra del Cinema di Venezia e al T.I.F.F. di Toronto

Un nuovo, prezioso, riconoscimento a Martin Eden diretto da Pietro Marcello. I compositori Marco Messina e Sacha Ricci, autori della colonna sonora del film ispirato al romanzo di Jack London, il 27 dicembre riceveranno il Capri Art Award al festival “Capri, Hollywood” di Pascal Vicedomini. L’album che raccoglie le musiche originali è disponibile sulle piattaforme digitali: da Apple a Amazon a Spotify. Una costellazione di cellule elettroniche – psichedeliche, dark, carillon, drammatiche – per riassumere una storia che equivale a una intima apocalisse.

Storici esponenti dell’altrettanto storico combo 99Posse, Messina | Ricci condividono da anni, oramai, la scrittura di musiche originali per il cinema e per il teatro. Colonne sonore spericolate, sinuose, romantiche e sorprendenti, che raccontano – come in uno specchio – le storie e le trame all’interno delle quali agiscono i loro personaggi.
Questa volta, i circuiti del viaggio sonoro agiscono assecondando la trama elaborata a partire dalle pagine letterarie di Jack London. Martin Eden è un marinaio-scrittore che lotta con i suoi conflitti, i desideri e la fama. Si innamora, sfida la scrittura, attraversa il deserto dei suoi silenzi e delle incomprensioni e fa a duello con le tentazioni e le esigenze politiche.
Paradiso, Martin lascia casa, L’apostata, Bassifondi sono, di conseguenza, matrici di uno stato fisico e emotivo di estrema passionalità. Testamento di una esistenza romanzesca che non rinuncia a nessuna sensazione, pur di compiersi e pur di compiere il suo intento.

“La musica parla in maniera pura ed è sufficiente – afferma Sacha Ricci – Chi ascolta le composizioni avrà a disposizione un suo personale itinerario. Non è il primo ‘lavoro’ che facciamo con Pietro Marcello cosicché nel corso del tempo si è creata un’estetica che è il risultato di un incontro con il suo immaginario. Lui è un grande conoscitore di musica classica, quindi i riferimenti che lui ci da sono fonte di ispirazione da cui poi ci allontaniamo e a cui ritorniamo. Il discorso è lungo e articolato. Dal mio punto di vista, la lettura del romanzo non è poi così determinante per la realizzazione di una colonna sonora. Anche se il film nasce dal libro finisce inevitabilmente per diventare un altro oggetto e soprattutto altra forma estetica e espressiva. Creando le musiche non c’è niente di facile anche quando sembra di aver già conquistato la vetta. Non saprei dire quale, nel caso specifico, sia stato il momento più difficile o emozionante: ragionando sul fatto che il film lo rivedi continuamente e i pezzi li risenti mille volte, li cambi, li elimini definitivamente … Probabilmente un giorno riusciremo anche a suonare dal vivo i brani composti per ‘Martin Eden’, con le dovute modifiche per il palcoscenico. Ormai la simbiosi con Messina è netta. La cosa più importante è che abbiamo imparato a litigare. Veniamo da una lunga esperienza di condivisione. Le cose sono cambiate per tanti aspetti che non riguardano solo le forme musicali. Tutto il contesto sociale e politico cambia e questo ci spinge ad un confronto con la realtà. Ciò non vuol dire che ci si deve adeguare alle varie mode musicali che spesso sono condizionate dal mercato, ma allo stesso tempo credo che un musicista abbia il ruolo di costruire spazzi immaginari anche utopici e impossibili. Un artista secondo me ha il ruolo di realizzare l’impossibile. In questa ottica anche se veniamo da ascolti diversi siamo in grado – si spera – di costruire oggetti che sono la sintesi delle nostre singole esperienze. Io e Marco abbiamo progetti personali molto diversi ma insieme riusciamo a trovare altro”.

MARCO MESSINA

“Con Pietro lavoro da sempre, fin dal suo primo documentario ‘Il passaggio della linea’. Abbiamo imparato a conoscerci e sviluppare una sorta di connubio tra immagini e suoni. Il film è girato in pellicola quindi già il nostro modo di lavorare ai suoni in analogico crea una connessione estetica tra immagini e musica. La differenza tra un synth virtuale e uno analogico è esattamente paritetica a quella tra il digitale e la pellicola. La nostra ricerca sonora è simile a quella di Pietro, così come l’uso dei campionamenti coincide con la presenza di immagini di archivio/repertorio in ‘Martin Eden’. Ricordo che fu proprio Pietro a consigliarmi la lettura del romanzo di London, anni fa, poco dopo aver lavorato al documentario ‘La bocca del lupo’. Una lettura per me folgorante. Mi sento di dire che il romanzo, con Martin che si dedica anima e corpo al suo progetto di diventare scrittore, ci ha dato la forza e lo stimolo di lavorare ore, giorni, settimane e mesi alla colonna sonora, concentrandoci sulle scelte stilistiche e di suono”. Il disco contiene 8 tracce del duo Messina|Ricci. È sorprendente scoprirne alcuni retroscena.
‘Bassifondi’, che è stato il primo pezzo composto, ha avuto tantissimi rimaneggiamenti, soprattutto sul suono. Abbiamo modificato e sostituito il mood dell’arpeggio portante decine di volte per poi alla fine usare il primo che avevamo realizzato. Il tema della memoria, presente nel film con due brani (L’Apostata e L’Emigrante) è nato in poche ore. La potenza delle immagini ci ispirava fortemente, poi è stata compiuta una lunga ricerca sugli strumenti. Abbiamo invitato in studio una moltitudine di musicisti; alla fine, affianco all’elettronica è rimasto solo il mandolino di Michele Signore (ex NCCP). Tutto il lavoro è stato tortuoso e commovente. Non era semplice lavorare sapendo di confrontarci con un capolavoro come il romanzo e sentendo che lo stesso film lo stava diventando. Momenti esilaranti: quando finalmente siamo stati invitati sul set e abbiamo trovato tutto fermo, perché c’era stato un problema con le ottiche, abbiamo pensato che la nostre sorte era quello di vivere reclusi in studio a lavorare sulle immagini. Una sorta di monito del destino. E sul set non ci siamo andati più. Anche alla Mostra del Cinema di Venezia è accaduto altro: ad esempio Sacha non è riuscito a venire poiché è rimasto bloccato a Creta con la motocicletta (anche quella rigorosamente vintage). Ci tengo a dire che io e Sacha, negli ultimi venti anni, abbiamo imparato a conoscere potenzialità e limiti dell’altro: riusciamo a evidenziare i primi e sostenere i secondi. Il pericolo, cui devo dire siamo sempre riusciti a scampare, è quello di costruire percorsi e schemi che si ripetono perché hanno già funzionato. Ovviamente, aggiungo sorridendo, abbiamo imparato a litigare. Ma lo ha già spiegato Sacha!”