I ricordi non sono istantanee del passato, ma ricostruzioni, a volte poco affidabili, che dal significato principale tornano al dettaglio. Per recuperarli mettiamo cioè in moto un processo inverso rispetto a quello che avviene nel momento in cui per la prima volta vediamo qualcosa. A ricostruire il meccanismo, uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications. I ricercatori dell’Università di Birmingham, hanno mostrato ai partecipanti alcune immagini di oggetti e hanno associato ciascuna immagine con una parola ‘promemoria’. Successivamente è stata mostrata ai partecipanti la parola ‘promemoria’ e sono stati invitati a ricostruire l’immagine associata nel modo più dettagliato possibile, mentre la loro attività cerebrale veniva registrata tramite elettrodi collegati al cranio. Dopo aver ascoltato la parola, i volontari recuperavano in primis le informazioni astratte ad essa collegate, ovvero il concetto principale. Solo dopo recuperavano anche i dettagli, ad esempio, colore e forma: come un disegno fatto a contorni che pian piano si arricchisce di particolari. Quando per la prima volta si vede un oggetto, al contrario, si notano prima i dettagli e solo dopo questi vengono ‘concettualizzati’ e assumono anche un significato. I risultati “mostrano che il flusso di informazioni è invertito quando un evento viene ricostruito dalla memoria, rispetto a quando inizialmente viene percepito”, spiegano i ricercatori, guidati da Juan Linde Domingo. “I ricordi che riportiamo alla mente – aggiungono – non sono copie veridiche di eventi passati. La memoria è invece un processo ricostruttivo
che dà la priorità alle informazioni concettualmente più significative rispetto ad aspetti più superficiali”.