Sabato 24 febbraio, alle 11.00 e alle 12.15, a Città della Scienza, Corporea, focus sull’universo delle malattie rare con l’appuntamento “Ridare vita alla vita attraverso il DNA: l’Adrenoleucodistrofia la rosa della speranza
Il 6 febbraio ricorre la Giornata della vita, ma…febbraio è anche il mese dedicato al malato e il 28 è il giorno in cui nel mondo si richiama l’attenzione sui malati rari. Tra i tanti eventi previsti, un appuntamento da non perdere è per sabato 24 febbraio, alle 11.00 e alle 12.15, a Città della Scienza, Corporea, (via Coroglio, 104), con il focus “Ridare vita alla vita attraverso il DNA: l’adrenoleucodistrofia la rosa della speranza”, inserito nell’ambito della manifestazione Sport, Salute & Benessere (http://www.cittadellascienza.it/notizie/sport-salute-benessere-sabato-24-e-domenica-25-febbraio-2018-a-citta-della-scienza/).
Un appuntamento che si gemella idealmente con la giornata dedicata al malato, giunta alla XXVI edizione (svoltasi lo scorso 11 febbraio), in cui è stato sottolineato dallo stesso Pontefice come sia importante recuperare una dimensione di condivisione ed un rapporto di vicinanza con chi soffre, ma anche con la giornata dedicata alla vita, il 6 febbraio. Una posizione orizzontale di simmetria e non verticale di asimmetria e di disuguaglianza, tale da spingere al più ad una blanda “pietà”, come direbbe il filosofo Aldo Masullo.
Un momento per dare voce all’universo della ricerca, che si muove in maniera costante e progressiva, anche se silente e tra mille ostacoli.
Un momento per capire, condividere, sostenere.
Una tappa fondamentale per accendere l’attenzione sull’universo di questi pazienti che spesso, non riescono a ricevere la necessaria visibilità né ad avere voce, per esprimere i propri bisogni e denunciare l’isolamento in cui versano.
I malati rari sono 300 milioni in tutto il mondo, affetti da più di 7000 differenti malattie rare.
Tra i malati rari ve ne sono alcuni che potrebbero essere considerati rari tra i rari. Si tratta delle persone affette da Adrenoleucodistrofia X-legata (ALD), vittime di una malattia che spesso ha un esordio subdolo ma sempre una evoluzione inarrestabile, e le cui prime descrizioni sono quelle, all’inizio del secolo XIX, del neuropatologo Schilder che descriveva probabilmente la forma più grave di ALD, quella cerebrale infantile.
“Si tratta – spiega la prof.ssa Marina Melone, direttore del Centro Interuniversitario di Ricerca in Neuroscienze e referente Malattie Rare per l’Università della Campania Luigi Vanvitelli – di una malattia metabolica, da accumulo di acidi grassi a catena lunga e molto lunga, che colpisce principalmente il Sistema Nervoso, con distruzione progressiva della mielina, la sostanza che riveste le cellule nervose, e le ghiandole surrenali, con conseguente carenza di alcuni ormoni”
Il focus sarà occasione per tracciare le tappe nevralgiche della ricerca clinica e neuropatologica.
Dalla scoperta dell’Olio di Lorenzo, cui è dedicata una famosa pellicola del 1992, nella quale a un bimbo di 5 anni viene diagnosticata appunto l’ALD, alle attuali prospettive di screening neonatale, fino a giungere alle frontiere di avanguardia offerte dalla terapia genica.
“La sostituzione del gene difettoso con un gene funzionale – evidenzia Marina Melone – è l’obiettivo della terapia, per trattare la forma cerebrale di Adrenoleucodistrofia (ALD). In futuro, la terapia genica potrebbe anche essere proposta in una seconda fase agli uomini adulti con la forma cerebrale progressiva. Ma non dobbiamo dimenticare le prospettive terapeutiche offerte dall’uso di una dieta appropriata, con la scelta di cibi ricchi di acidi grassi a catena corta supplementati da alimenti speciali ai fini medici, oggi in grado di superare la Barriera Emato Encefalica; dieta che può aiutare a contrastare gli effetti di questa mutazione del DNA e proteggere la salute di questi pazienti, spesso giovanissimi”.
Secondo gli esperti, l’ALD, per le caratteristiche cliniche, caratterizzate da un’estrema eterogeneità, può considerarsi una malattia gravissima. Colpisce i maschi, ma può coinvolgere anche le madri, portatrici della mutazione genetica che, nella maggioranza dei casi, possono manifestare a loro volta, con l’andar del tempo, sintomi neurologici.
Attualmente, purtroppo, si contano oltre 200 pazienti diagnosticati su 3500 attesi, essendovi un’incidenza di 1: 15/17 mila nati per anno.
Il gap tra i pazienti attesi e quelli diagnosticati indica che moltissimi non conoscono quale sia la loro malattia e non possono essere presi in carico dai centri di eccellenza ed accedere alle cure, oggi a disposizione.
“Per questo – evidenzia la dott.ssa Valentina Fasano – appare fondamentale la diagnosi precoce, fino ad arrivare allo screening neonatale. Ciò consentirebbe una efficace prevenzione. Ma per realizzare questo è essenziale, la creazione di una rete tra la medicina territoriale, la medicina dei servizi e i centri di eccellenza per sviluppare un adeguato progetto di informazione e formazione e creare delle figure professionali capaci di intervenire nelle varie fasi di assistenza a questa patologia dall’enorme complessità”.
Un impegno, quindi dell’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia che si pone come interlocutore privilegiato dei centri di Riferimento nazionali, a favore del miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, esempio, come sottolinea Valentina Fasano, di forza, amore e coraggio.
Un impegno che ha il sapore del prendersi cura.
“Affinché – ribadisce la presidente dell’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia – ogni lacrima sia trasformata, e le forze unite consentano di dare vittoria ad ogni lotta”.