“Abbiamo appreso questa mattina, nel corso di un’audizione in Commissione Sanità del Consiglio regionale, che il Presidente della Regione e commissario ad acta per il piano di rientro, Vincenzo De Luca, questa notte ha terminato la modifica del Piano Regionale di Programmazione della Rete Ospedaliera, già adottato in completa solitudine con decreto n.33/2016 dall’allora commissario Polimeni, che per questo suo modo di procedere, unilaterale e dirigista, ha meritato per mesi gli strali dello stesso Governatore e, per la verità, anche di noi opposizioni. Un minuto dopo la nomina di De Luca a commissario avevamo depositato una richiesta urgente di audizione al silente presidente della Commissione Sanità, Raffaele Topo, proprio per collaborare alla riscrittura del Piano e porci come opposizione costruttiva. Con grande rammarico, siamo costretti oggi a registrare che su questa partita De Luca ha fatto peggio di Polimeni”. Lo scrive su Facebook Ermanno Russo, vicepresidente del Consiglio regionale della Campania e componente della Commissione Sanità.
“A nulla sono servite, dunque, le aperture di Forza Italia e del centrodestra, che hanno lottato perché la materia delicata e strategica della sanità potesse ritornare in qualche modo alla Regione. A nulla è servito il lavoro di ascolto sui territori e la denuncia di tante storture perpetrate attraverso il vecchio decreto, se poi l’attuale commissario, nonché consigliere regionale e Presidente della Giunta regionale della Campania, non ha esitato un minuto a voltarsi dall’altra parte e, dopo aver rivendicato per primo all’indirizzo di Polimeni quella concertazione che dall’inizio della consiliatura è mancata sui temi della sanità, oggi finisce miseramente per negarla, aggiungendo al danno la beffa”, rincara Russo.
“Vorrà dire – conclude il vicepresidente del Consiglio regionale della Campania – che da oggi in poi tutta la responsabilità delle scelte che saranno effettuate in sanità ricadranno esclusivamente su De Luca, il quale ha deciso, esattamente come il suo predecessore, che però era un burocrate e non un politico, di accentrare su di sé tutta la mole di lavoro da farsi in questo settore, escludendo, di fatto e tristemente, l’assemblea regionale da ogni decisione e scelta strategica”.