C’e’ piu’ rischio in un hamburger fatto con la carne di un animale macellato a ‘fine carriera’, o comunque in un alimento di origine animale uscito da una catena industriale, che in un formaggio a latte crudo, “un prodotto perfetto creato dalla natura”. E’ il parere scientifico espresso oggi, nella prima giornata di Cheese, la manifestazione lattiero caseario organizzata da Slow Food e Citta’ di Bra, da Aldo Grasselli, segretario nazionale dei veterinari pubblici.
“Puo’ sembrare paradossale – ha detto – ma in un alpeggio ci sono le condizioni piu’ difficili per lo sviluppo di elementi patogeni, proprio perche’ esiste un complesso pool di batteri che impediscono loro di espandersi. La produzione industriale, al contrario, comporta, anche se non necessariamente determina, rischi, perche’ ci troviamo in un contesto di produzione stressate, come succede, ad esempio, alle vacche costrette a produrre grandi quantita’ di latte”. Per il veterinario Grasselli, intervenuto oggi agli ‘Stati Generali del latte’, l’assise che ha radunato produttori da una cinquantina di paesi di tutto il mondo, il settore lattiero-caseario italiano “dovrebbe seguire la strada presa
anni fa dal vino, senza cercare di entrare in competizione con chi fa grandi produzioni. Nelle piccole produzioni e’ piu’ facile governare i processi, perche’ sono meno complessi”.