Difronte agli ultimi dati Istat sull’andamento dell’economia del nostro Paese Matteo Renzi gioisce. Si sente lui l’artefice del cambio di segno, dal meno al più, del Pil. “Siamo – afferma – quelli che hanno preso il Paese con il Pil a – 2% ed ora è a + 1,5; un Paese che era in recessione e ora è fuori dalla palude”. E scherza sui “gufi in vacanza” che non hanno potuto criticare dati così significativi.
Di Renzi, tra l’altro, si è occupato sul Corriere della Sera l’editorialista Ernesto Galli della Loggia che, in una polemica con Giuliano Ferrara, accomuna il segretario del Pd a Bettino Craxi e a Silvio Berlusconi. Entrambi, come Renzi, secondo Galli della Loggia, si sono battuti per riformare il Paese, hanno indetto consultazioni referendarie facendo però “fetecchia”, ovvero un buco nell’acqua. E il motivo, per l’editorialista del Corriere, è insito nei loro caratteri sovrastanti, incapaci di trasmettere tranquillità all’elettorato. Perché gli elettori hanno bisogno di un leader politico “dai modi rassicuranti, che appaia animato da un’autentica convinzione e devoto all’interesse generale, capace di una retorica alta e inclusiva, intellettualmente generoso nei confronti delle opinioni contrarie”. Una descrizione che, per certi versi, s’attaglia all’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. E, per converso, non può far piacere al Matteo gigliato che nel leggerla si sarà corretto: “I gufi gufanti non vanno mai in vacanza”.
Se si prova a mettere a confronto Craxi, Berlusconi e Renzi con Gentiloni, quest’ultimo può apparire come il Forrest Gump della politica. Ma come il bel film di Robert Zemeckis, interpretato da Tom Hanks, insegna, sono proprio i Gump con i loro palesi limiti a fare grandi operazioni, impensabili a primo acchito. Eppure il capo del governo non proviene dalla vecchia scuola della Democrazia Cristiana dove la moderazione era un’arte, tranne qualche eccezione – Donat-Cattin ad esempio – che comunque confermava la regola. Gentiloni comincia la sua attività politica con il Movimento Studentesco di Mario Capanna per ritrovarsi poi nel Partito d’Unità Proletaria per il Comunismo. Insomma, di moderazione manco a parlarne. Però, come scriveva Cornelio Nepote, nato nell’anno 100 a.C.: “È il carattere quello che segna il destino di ciascuno”.
In tempo di smargiassi della politica, che provano letteralmente a bucare gli schermi televisivi con le loro parole ad effetto, mitragliate sul telespettatore, uno che si presenta in punta di piedi e con voce quasi tremolante diventa un rivoluzionario.
“Io non sono un presidente del Consiglio che promette miracoli. I miracoli li fanno le famiglie e le imprese”, ha dichiarato Gentiloni al Forum Ambrosetti di Cernobbio. Ed ha aggiunto: “tra i tanti indici per me il più importante è l’indice di fiducia, che è l’indice più impalpabile. Ma se cresce, nonostante le ansie comprensibili e anche le paure seminate ad arte, è uno degli elementi più incoraggianti per chi governa”.
Anche il leghista Matteo Salvini e il 5Stelle Luigi Di Maio, a Cernobbio, pensando di poter diventare inquilini di Palazzo Chigi alle prossime elezioni, provano ad abbassano i toni, a cambiar pelle: da oltranzisti senza freni a moderati, tra virgolette s’intende. Non s’invocano più i referendum anti euro e Europa. Per loro due una cosa è l’opposizione e un’altra è il governo. Doppio grave errore. Nella mente dell’elettore, specie con i media che tutto registrano, anche a volte quello che non si è detto o pensato, i cambi di casacca, nel linguaggio, nelle posizioni e via dicendo diventano un elemento di non affidabilità. L’elettore non è vero che ha la memoria corta.
Il “rivoluzionario” Gentiloni preannuncia una legge di bilancio che “continui ad accompagnare la crescita e facendo il possibile, in modo particolare per il lavoro ai giovani, per l’innovazione sulla scia 4.0 e per la riduzione delle diseguaglianze sociali più acute”. E aggiunge: “Noi non abbiamo riservato brutte sorprese agli alleati e agli investitori che hanno scommesso sull’Italia e non le riserveremo in futuro perché sono convinto che anche in Italia non vincerà la politica ridotta a insulto, la negazione della scienza, la derisione della competenza. Non vincerà”.
Le prossime elezioni politiche si avvicinano e potrebbe essere proprio Gentiloni a doversi confrontare con Antonio Tajani, candidato a sorpresa di Berlusconi per Palazzo Chigi, e Luigi Di Maio dei 5Stelle. La corsa della moderazione al potere?
A cura di Elia Fiorillo