Stavolta il tema scelto dal Sindaco per Natale è stato: Napoli e la scaramanzia: un maxicorno di colore rosso, anch’esso di tipo consumistico e da più parti contestato alla stregua di NAlbero troneggerà sulla rotonda Diaz alterando il paesaggio tutelato dalla Costituzione italiana e contro le linee guida del MIBAT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo). In altre città dell’Italia, ma anche di altri Paesi con ben altra vocazione turistica, il periodo del Natale viene visto, vissuto e considerato come la riscoperta e la conoscenza delle tradizioni locali: basti pensare, a titolo d’esempio, ai famosi mercatini natalizi tradizionali che attirano migliaia di turisti. Questa Amministrazione, invece, è orientata su ben altro dimenticando che Napoli possiede tutte le carte in regola per una kermesse natalizia di tutto rispetto. Oltre ai caratteristici mercatini natalizi che potrebbero trovare nel Lungomare, cosiddetto liberato, una giusta collocazione, che fine hanno fatto i famosi carri allegorici di Piedigrotta; gli antichi mestieri simbolo della genialità e dell’inventiva dei napoletani; i percorsi enogastronomici; le visite guidate tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli e del Centro Storico tanto fotografati dai turisti; il ricco e famoso folclore napoletano? Invece, a perpetuare lo scempio del Lungomare e del paesaggio ecco spuntare una struttura che invoca forse ed evidentemente più a un gigantesco simbolo fallico. Forse, come la storia ci ricorda, sono stati dimenticati i principi di razionalità e di rigore dell’Illuminismo sostenuti da Gaetano Filangieri, Antonio Genovesi e Ferdinando Galiani, i quali condannavano la superstizione quale sinonimo di ignoranza e oscurantismo, e sostenevano come non andassero assecondati certi costumi del popolo che invece andava educato ed elevato verso i Lumi? Non certamente, quella del corno, è l’esaltazione delle tradizioni popolari. Collegare l’immagine di Napoli al corno e alla jella, la sfortuna e la scaramanzia, non valorizza certamente le note tradizioni culturali della città che evidentemente ne uscirebbe con un’immagine altamente distorta e fornirebbe ai tanti mistificatori di essa argomentazioni utili per farla relegare nel folclore dei riti tribali, dell’arretratezza culturale e della volgarità, identificando nel contempo i napoletani con rituali tribali tra i più arretrati e incapaci di evolversi culturalmente. Del resto diversi esponenti del mondo della società civile, filosofi, professori universitari, storici dell’arte, architetti e critici letterari hanno condannato e polemizzato sull’iniziativa.