Le bacche di Goji (Lycium barbarum) sono oggi considerate dai nutrizionisti come veri superfood, superfrutti della salute, per l’elevata concentrazione di elementi nutritivi e antiossidanti. Autentiche pillole naturali di benessere. Bene, tutto vero.
Ma da dove provengono questi frutticini ? Il 96% dei goji consumati in Europa sono prodotti in Cina e Paesi limitrofi, essendo la specie originaria del Tibet e dell’intera catena dell’Himalaja. Essendo un frutto a scarsa serbevolezza e conservabilità (il frutto rimane turgido e fresco dopo la raccolta solo per 3-4 giorni), il prodotto in commercio è quasi tutto essiccatto, in modo da poter affrontare lunghi tragitti fino ai mercati di destinazione.
Ebbene, ricerche attendibili svolte dal Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno hanno dimostrato la presenza, sui frutti essiccati importati, non solo impurità e tossine alimentari (non dannose) per il lungo tempo dalla raccolta o per scarsa igiene, ma anche la presenza di conservanti (anidride solforosa) necessari per conservarli più a lungo. Inoltre, per ovvi motivi legati al lungo periodo dalla raccolta al consumo, uno scadimento delle qualità nutraceutiche di partenza. Da non trascurare, infine, anche il fatto che in Cina esistono e sono coltivate diverse specie di Lycium, tra le quali alcune scadenti e senza grandi valori nutrizionali, che a volte vengono mischiate al barbarum, il più pregiato.
Dovremmo così rinunciare a consumare queste piccole bacche, dalle qualità straordinarie per la salute e il benessere ?
A risolvere il problema ci ha pensato l’iniziativa dell’imprenditoria italiana: se il prodotto fresco non potrà mai arrivare in Europa, lo produrremo qui in Italia.
Prima alcuni attivi imprenditori calabresi (“Goji italiano”), poi altri operatori frutticoli in Puglia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio e ora un po’ in tutta Italia, hanno portato, già da qualche anno, in alcuni dei principali supermercati, le prime confezioni di frutti freschi, rigorosamente prodotti in Italia (spesso in biologico), ottimi da gustare e dal sapore originale. E queste prime esperienze di coltivazione hanno anche dimostrato che il nostro è un ambiente ideale per il goji, le piante risultano produttive, rigogliose e resistenti. Già dal 2017, secondo gli esperti, assisteremo ad un boom di nuovi impianti un po’ in tutta la penisola.
Ma la creatività imprenditoriale italiana, è risaputo, è impareggiabile: ecco sugli scaffali anche le composte, le puree, i succhi, finanche la birra aromatizzata ed ovviamente anche l’essiccato, rigorosamente made in Italy. Tutta ‘nata storia avrebbe detto il grande Pino Daniele. I valori dell’essiccato italiano, infatti, sono nettamente superiori al prodotto importato. I frutti rimangono di un rosso brillante, sono molto più gustosi e non hanno bisogno di conservanti.
E in Campania ? vi sono già un paio di produttori che stanno inserendosi in un mercato sempre più interessante, anche se occorrono investimenti adeguati per gestire la fase di commercializzazione e marketing, ricordando che i frutti hanno scarsa conservabilità da freschi.
E accanto ai primi impianti, sta nascendo anche un progetto di innovazione, proprio a cura del DIIN dell’Università di Salerno e di altri partner di ricerca, per accompagnare le prime esperienze campane e di certo sarà dimostrato che anche il prodotto nostrano è di qualità superiore. Ma il progetto ha altri obiettivi ancora più ambiziosi: quelli di sviluppare maggiori conoscenze sugli altri frutti della salute, i berries, i “frutti rossi”, dalle amarene ai gelsi, dal melograno ai frutti di bosco, al fine di sviluppare una filiera produttiva che risponda alle crescenti richieste del mercato, sempre più attento ai valori della salute e della prevenzione.
A cura di Italo Santangelo