Quello che la “ditta” – leggi Pd – ha contribuito a dividere ora guarda al “centro” – leggi 5 Stelle – per una speranzosa ripartenza alla grande. Lui è Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd che ipotizza un accordo post elezioni con il MoVimento di Beppe Grillo. Niente di nuovo all’orizzonte. Già nel 2013 aveva provato a stabilire con loro un rapporto di governo che non ci fu. Anzi, l’apertura del Pd ai grillini ebbe da questi una risposta inequivocabile: “vaffà…”. E non poteva essere diversamente in quel periodo. Il successo elettorale dei seguaci della società Grillo-Casaleggio contro tutte le formazioni politiche non ammetteva ipotesi di accordi con i democrat. E perché poi? Per governare? L’idea di diventare inquilini di Palazzo Chigi i pentastellati l’hanno sempre avuta. Ma non in condominio. Troppo complicata l’esistenza quando bisogna convivere e mediare praticamente su tutto. Soprattutto non si può recitare a soggetto secondo gli umori che si avvertono dalla base. E perché allora Bersani prova a stendere la mano a Grillo?
Una risposta all’interrogativo lo dà d’impeto l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, scacciato da Palazzo Chigi da un “rassicurante” (sic) “stai tranquillo” dell’allora segretario del Pd Matteo Renzi e attualmente in fase di rivincita: “Non si può puntare solo a dire che sono dei populisti e degli appestati. Non si può puntare solo ad escluderli, radicalizzandoli ancora di più. Interpreto in quest’ottica ciò che dice Bersani”. Il vero problema è che, per lo meno in questa fase, Beppe e compagni vogliono essere “populisti” e considerati “appestati” dagli altri partiti. Sulla scena politica ci sono arrivati da poco e da subito hanno provato a differenziarsi, in tutti i modi possibili dalle altre compagini politiche. Proprio adesso che pensano di poter fare la scalata al “potere” immaginarsi se ipotizzano d’allearsi con i fuorusciti del partito di Renzi. E, allora, perché il romagnolo cocciuto insiste? Questione di concezione della politica? Per lui: <>. Ma anche: <>.
Non a caso, Pier Luigi quando sostiene cose del genere non pensa tanto al Beppe nazionale ma ai suoi seguaci che ritiene in parte ex elettori del suo partito di provenienza. Non vede la destra nel MoVimento Cinque Stelle, ma il “centro”. Certo, se si guarda al “centro” di una volta, che poi sostanzialmente era la Democrazia Cristiana, ritorna alla mente la Balena bianca con Moro, Fanfani, Andreotti, ma anche con Paolo Cirino Pomicino. Inevitabile allora il paragone tra ieri ed oggi. I muri sono caduti trascinandosi dietro ideologie e quant’altro. Se si pensa che una volta gli esponenti di sinistra guardavano a Mosca per ispirarsi nell’azione di governo – e non solo – e che uomini come Palmiro Togliatti, fondatore del Partito Comunista Italiano, prendevano la cittadinanza sovietica, allora si può ben comprendere com’è cambiato il mondo. Oggi a Mosca non ci va Bersani, ma Marine Le Pen e Matteo Salvini. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non è più come una volta il nemico giurato del presidente russo Vladimir Putin ma un suo sostenitore. Anche Silvio Berlusconi che con la “sinistra” ha sempre avuto problemi esistenziali annovera tra i suoi amici veri il dittatore Putin. Tutto rovesciato. La medaglia, a guardar bene, però rimane sempre la stessa.
Un accordo tra Articolo 1 – Democratici e progressisti e i Cinquestelle sarebbe rivoluzionario per gli effetti indotti che potrebbe provocare. Una brutta batosta per Renzi e i suoi. Dalla marginalità nel mare magnum dei tanti partitini, alla rilevanza per aver domato un cavallo pazzo, ritenuto impossibile da imbrigliare.
Pure Michele Emiliano, competitor alla segreteria del Pd con poche speranze, punta ad un’intesa pentastellata. Da realista qual è sa che la cosa è impossibile ma un annuncio del genere alla sua campagna elettorale potrebbe giovare. L’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, impegnato nella costruzione del “Campo progressista” contro il Pd renziano, dichiara sull’uscita bersaniana: “credo che quel ricordo (lo streaming del 2013, ndr) ogni tanto durante la notte diventa un incubo. Poi si sveglia, fa un’intervista e lo dice”. Una cattiveria così dal garbato Pisapia proprio uno non se l’aspetta.
Su tutta la vicenda Beppe e i suoi per ora tacciono. Una volta i “vaffa…” si sarebbero sprecati. Un segno di cambiamento anche questo?
di Elia Fiorillo