La sostituzione delle radio VHF di bordo sulle imbarcazioni da diporto e la conseguenziale introduzione di un esame da diporto per usarle, proposta dal Ministero per lo Sviluppo Economico, preoccupa non poco i rappresentanti delle scuole nautiche italiane. È la sezione nautica della Confarca ad esprimere il parere negativo sul provvedimento: durante l’incontro della Confederazione, che si è tenuto giovedì sera a Milano con i vertici delle motorizzazioni della Lombardia e del Comando Navale di Genova, sono emerse le perplessità sulla normativa che sarà introdotta grazie alla legge delega e che darà il via all’obbligo d’adozione dell’apparecchiatura VHF con Dsc (il tasto di localizzazione e soccorso, che si sovrappone agli apparati GPS ed EPIRB già obbligatori) per i natanti che navigano oltre le trenta miglia dalla costa. Per utilizzare questa apparecchiatura, però, è necessario anche sostenere un esame in sede unica, presso gli uffici ministeriali di Roma.
“Una norma che se venisse approvata paralizzerebbe tutto il mercato della nautica – denuncia il segretario nazionale della sezione nautica di Confarca, Adolfo D’Angelo – Una apparecchiatura può arrivare a costare intorno ai 4mila euro, senza dimenticare i costi per l’esame. Per utilizzare la radio di bordo, ora, occorre un certificato da radiotelefonista, con questa legge si darebbe il via ad un’assurdità burocratica, al di là di un esborso ulteriore da parte del diportista, che di sicuro danneggerebbe l’intero comparto”.
“L’ennesima ostruzione alla nautica da diporto – gli fa eco Marco Morana, vicesegretario della sezione nautica della confederazione – Un paletto per l’utenza perché per una chiamata d’emergenza non occorrono esami, neppure radio diverse, ma soltanto un minimo di esperienza. Tutti questi provvedimenti non sono giustificati da chissà quale numero di incidenti in mare all’anno. Noi chiediamo sviluppo, non limiti, alla nautica da diporto”.