Gennaro Salvia Responsabile UOC di Pediatria, Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratelli, Napoli
La morte della neonata di Catania, per le complicazioni insorte dopo la nascita in una Casa di cura privata, ha puntualmente suscitato indignazione, amarezza, incredulità e ha spinto il Ministro della salute ad attivare un’indagine per chiarire in cosa abbia difettato l’organizzazione della Sanità in Sicilia nella risposta a un’emergenza.
Gli interrogativi che in queste ore sono stati sollevati dai rappresentanti delle Autorità e dai commentatori, sono tanti, però a me, che mi occupo per mestiere di tutelare la vita e garantire la salute di neonati sia in situazioni “fisiologiche” sia in condizioni di criticità, prevedibili e non, ne vengono prepotentemente in mente altri, che meriterebbero attenzione. Innanzitutto, i termini con cui viene descritta la tristissima storia della piccola Nicole, non rispettano la consecutio degli eventi: forse sarebbe più corretto dichiarare che la neonata è morta perché è venuta alla luce in una Casa di cura privata non attrezzata per far fronte alle gravi emergenze che, anche senza segni di preavviso, possono verificarsi in un neonato ogni 100. Ai corsi di rianimazione neonatale, cui partecipa periodicamente ogni Neonatologo, che per chiarezza è il Medico Chirurgo specialista in Pediatria con esperienza di terapia intensiva neonatale e non un qualsiasi medico che assiste alla nascita dei neonati “presunti sani”, ci insegnano che nella vita di un uomo il giorno in cui più si rischia di morire, a parte l’ultimo, è proprio il giorno della nascita. Poi, giacché la clinica non aveva competenze e attrezzature per rispondere alle necessità della neonata, si è cercato invano un posto di Terapia intensiva neonatale (TIN) tra gli ospedali più vicini perdendo altro tempo prezioso. Così prezioso perché in realtà condizioni come l’apnea alla nascita e l’insufficienza respiratoria neonatale, per prevenire danni neurologici permanenti o la morte, richiedono interventi efficaci e immediati, in termini di pochi secondi quando è necessario l’intubazione tracheale e di pochi minuti quando si tratta di sostenere una respirazione presente ma inefficace. Di conseguenza, ciascun Centro nascita, per potersi definire tale, deve essere in grado di affrontare l’emergenza neonatale non prevenibile e la stabilizzazione del neonato in attesa, se necessario, del trasferimento in sicurezza presso un centro attrezzato per le patologie più complesse. I reparti di terapia intensiva neonatale hanno la funzione di gestire neonati con patologie acute e croniche che richiedono cure intensive. Non rappresentano il posto dove trasportare il neonato, correndo a rotta di collo su un’ambulanza, in alcuni casi come in Campania attrezzata e dedicata ma in molti altri casi no, quando le cose si complicano. Perché quando insorge una complicanza di un parto “etichettato come normale”, il neonato deve essere assistito con le giuste competenze dove è nato e la Struttura sede di un centro nascita deve garantire che, finché non si trova un posto dove proseguire l’assistenza intensiva, il neonato (e la mamma, ma su questo le cronache purtroppo parlano abbastanza), riceva le cure di cui ha diritto. E quindi – ecco gli interrogativi che affollano la mia testa – mi chiedo: quando una famiglia decide dove far nascere il proprio bambino viene informata sulle possibilità e i limiti della struttura che ha scelto ? nel seguire il Ginecologo di fiducia ovunque egli operi, ci si chiede se, qualora qualcosa dovesse andare storto per la mamma, che in alcuni Centri viene sottoposta quasi certamente a intervento chirurgico di taglio cesareo, o per il neonato, avranno la possibilità di essere assistiti nella stessa Struttura oppure se dovranno correre il rischio di perdere tempo per essere trasferiti altrove ? In alcune regioni come la Sicilia e la Campania, nascono in Strutture private che offrono soltanto il I livello di assistenza, cioè cure al neonato soltanto se sano !, circa il 50% di tutti i neonati. E queste stesse regioni hanno un indice di mortalità neonatale più elevato rispetto alla media nazionale. In Campania, dove c’è un servizio regionale di trasporto del neonato critico, ogni circa 1500 neonati nascono in un Centro e poi devono essere separati dalla mamme ed essere trasferiti altrove. Le mamme ne sono informate ?
E’ dimostrato che in ambito ospedaliero maggiore è la casistica gestita, migliori sono i risultati e la qualità delle cure. Per questo motivo, nell’ambito del Percorso nascita approvato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2010, è stato stabilito che i centri nascita con meno di 1000 parti all’anno non hanno un profilo di sicurezza sufficiente e devono essere chiusi. Se ne parlava già nel Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000 e nei successivi Piani Sanitari Nazionali.
Perché in molte regioni queste direttive non sono attuate ? L’autonomia delle regioni in tema di Sanità arriva fino a consentire che le possibilità di sopravvivenza di un neonato italiano possano variare secondo la regione nella quale ha la fortuna di nascere ?
Perché, se il numero di posti di TIN sulla carta risponde ai criteri stabiliti in relazione alla numerosità della popolazione, la loro distribuzione determina frequenti criticità per carenza di posti letto e trasferimenti chilometrici ? La ricognizione nazionale sul numero di posti letto di TIN effettivamente disponibili, è stata aggiornata anche dopo i tagli della spending review che si sono susseguiti in questi ultimi anni ?
Le TIN sono Unità Operative di alta specialità e a elevatissimo contenuto tecnologico. Se non c’è un ventilatore meccanico e un’incubatrice disponibile non è possibile dare la disponibilità di “posto letto”, non si può aggiungere una barella come per l’adulto in corsia. Per questo sono sicuro che l’indagine degli ispettori del Ministero della Salute non porterà alla scoperta che le TIN interpellate la notte del 13 febbraio avrebbero avuto un posto e non hanno dato disponibilità. La morte di Nicole non graverà sulla coscienza dei Neonatologi che quella notte facevano il loro dovere nel turno di guardia, in reparti di TIN organizzati, gestiti e amministrati da chi per la Costituzione italiana ne ha mandato. E che forse tante domande non se le fa.