Pregiudizi e discriminazioni “inquinano” il rapporto tra genitorialità e giornalismo, incidendo sulla carriera. E non solo delle donne. A rilevarlo è la prima indagine studio sulla categoria professionale, voluta dall’Ordine dei Giornalisti della Campania, con la Commissione Pari Opportunità, e realizzata con il supporto delle docenti del Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi dell’Università Parthenope di Napoli e del sociologo Antonio Sposito, presidente nazionale ASI (Associazione Sociologi Italiani). Le risposte raccolte con il questionario in forma anonima sulla Motherhood Penalty hanno evidenziato quante e quali sono le difficoltà che le giornaliste affrontano nel corso della loro carriera, particolarmente quando si vuole conciliare maternità e lavoro.

La sezione riservata anche ai giornalisti ha permesso di avere un quadro completo su come la scelta di essere genitori possa o meno incidere sulle carriere, al di là del genere: il 20% degli uomini che sono stati penalizzati ha infatti riportato difficoltà simili a quelle delle donne nel conciliare lavoro e famiglia. Emerge, comunque, che il 72% delle penalizzazioni sul lavoro riguarda le donne, indipendentemente dall’età, dal luogo di lavoro o dal tipo di contratto. Per le madri, questa percentuale aumenta di tre punti. La ricerca, condotta su un campione rappresentativo di 621 rispondenti, evidenzia che il giornalismo è ancora a prevalenza maschile: le donne iscritte all’Ordine della Campania sono il 39%. Tuttavia, tra i partecipanti all’indagine, la maggioranza è composta da donne (60%).

GENITORIALITÀ E STABILITÀ LAVORATIVA

Dai dati raccolti emerge un’associazione significativa e positiva tra donne assunte con contratti a tempo indeterminato e genitorialità, lo stesso non emerge per gli uomini. Invece, le freelance – spesso senza figli – sono le più esposte a precarietà e stipendi inferiori. Dall’analisi di quattro modelli logit, distinti per genere e genitorialità, emerge che la precarietà è percepita come una forma di penalizzazione: la principale fonte di discriminazione è la domanda sui figli durante il colloquio di lavoro, che quadruplica le possibilità di subire una penalizzazione, con un impatto quasi doppio per le donne senza figli, con redditi più bassi. “Al momento di sottoscrivere un contratto a tempo indeterminato mi è stato richiesto di giurare che non avrei mai avuto figli – è una delle testimonianze raccolte con il questionario – Ed io mi sono rifiutata. Quindi sono scaturiti problemi con la dirigenza. Ho vissuto male tutto questo, poiché ero giovane ed entusiasta di lavorare per un’azienda editoriale”. Altro aspetto critico evidenziato dallo studio è la percezione di precarietà esistenziale e ansia legata al maternal bias: il pregiudizio che molte donne siano meno competenti e interessate alla loro carriera. Il timore di essere penalizzate per scelte di maternità influenza le decisioni professionali delle donne, con ripercussioni sulla stabilità e la crescita lavorativa. Lo studio invita a riflettere sulla discriminazione percepita o effettiva, che emerge durante i colloqui di lavoro, con conseguenti impatti negativi sulle opportunità di carriera delle giornaliste. Nel settore dell’ufficio stampa, le penalizzazioni sono più frequenti rispetto ad altri ambiti come TV, radio, web e carta stampata. La penalizzazione, che colpisce un intervistato su tre, si manifesta in forme diverse: contratti precari, demansionamenti, riduzione dello stipendio o perdita del posto di lavoro. In questo quadro le freelance risultano particolarmente esposte a discriminazioni nel periodo pre e post maternità. Il 65% delle testimonianze ha riportato un senso di frustrazione e ingiustizia. Il 13% ha dovuto perfino rinunciare alla professione giornalistica per dedicarsi alla famiglia, altre (22%) hanno dovuto adattarsi, reinventandosi professionalmente per continuare a lavorare nel settore.

DEMANSIONAMENTO

Il demansionamento in seguito alla genitorialità si è tradotto nella riduzione o nella perdita di lavoro, in trattamenti discriminatori e minori opportunità di carriera, nell’esclusione da incarichi, nella riduzione dello stipendio o nella perdita del posto al rientro.