Le discusse consultazioni elettorali di Pd e Fi avvantaggiano solo gli avversari
Erano su per giù le undici di sabato mattina quando al gazebo delle gazebarie di corso Marconi a Roma, quasi dirimpetto alla Feltrinelli, si presenta Renato Brunetta. E’ lì per attirar gente che votino a favore del candidato Fi a sindaco di Roma, ovvero Guido Bertolaso. Brunetta stringe mani e accentua il sorriso, già stereotipato sul viso, mentre vengono scattati selfie con lui in primo piano. Non c’è a quell’ora molta affluenza di votanti. Una signora si allontana brontolando che con piacere avrebbe detto “no” a Bertolaso, ma non l’ha fatto per non accrescere il quorum dei partecipanti alle false primarie. “Queste sono delle c…azzebarie” dice scuotendo la testa. Al di là del mancato voto di protesta della donna incavolata, i partecipanti alle gazebarie sono tra i 48 mila e i 50 mila romani che hanno votato al 96,7 per cento per l’ex responsabile della protezione civile. I dati non sono verificabili e bisogna fidarsi di chi li dà, appunto gli organizzatori della kermesse. L’affluenza alle urne, a cui la Lega e la Destra non si sono presentati, è stata superiore a quella del Pd del 6 marzo scorso: solo 44.500 votanti. Se quella è stata veramente la partecipazione di cittadini-elettori ai gazebo, niente male. C’è chi dice però che qualche manina, o manona, si è impegnata a gonfiare i risultati parecchio scarsi. Ed ora che cambia? Pare proprio che non muti niente. Berlusconi è raggiante per l’evento a lui favorevole. Salvini non ci pensa proprio a dare il suo consenso al candidato forzista e la signora Meloni non sa più cosa fare. Per l’unità della destra, sia pur in dolce attesa, sarebbe disponibile a candidarsi. A Salvini va più che bene. Per Berlusconi, soprattutto dopo il successo referendario su Bertolaso, manco a pensarci di un ritiro inglorioso del suo candidato e soprattutto della sua leaderschip. Un apparentamento tra la lista Bertolaso e un’altra con Meloni? Anche su questa ipotesi mediatoria il “no” di Forza Italia è senza appello. Insomma: “come prima, peggio di prima”.
In casa Pd a primo acchito sembrava che fosse andato tutto liscio come l’olio: finalmente! Sì, c’erano le scarse schede imbucate nelle urne delle primarie a Roma, ma dopo tutto quello che era successo per Mafia capitale e per il marziano sfiduciato sindaco Marino, c’era d’aspettarselo. A Napoli nelle prime dichiarazioni del perdente Bassolino, ex sindaco e ex governatore della Campania, niente faceva prevedere quello che poi sarebbe successo. Insomma, solo per una mezza giornata le consultazioni pre-elettorali del Pd parevano avessero funzionato “senza trucco, né inganno”. Lo tsunami si è poi abbattuto con una violenza verbale incredibile tra i soci della stessa “compagnia”. Le primarie si sono trasformate nella resa dei conti tra renziani e opposizione interna, mandando a ramengo tutto un partito. Sono scesi in campo per dire la loro contro il presidente del Consiglio e segretario del Pd Bersani e D’Alema. Si paventa una scissione con accuse cocenti da ambo le parti.
Sembrano lontanissimi i tempi quando nei partiti, DC e PCI, ma non solo, c’erano le correnti e pur combattendosi al calor bianco, mai era messa in discussione l’unità della compagine. “I leader passano… il partito resta”. Certo, le ideologie erano il collante della “ditta”, come direbbe oggi Bersani, ma non solo però. La “casa comune” in qualche modo andava salvaguardata. Dove andare se non sotto lo stesso tetto? Tutto cambia quando nascono i partiti personali. E’ la leadership che trascina, che assomma, che fa il partito. E così il capo è il partito stesso: finito lui tutto si ecclissa. Forse sarebbe il caso di ritornare al passato con partiti, e non con capi, che s’impegnino a “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, art. 49 della Costituzione della Repubblica italiana.
Ritornando per un attimo alle primarie, vere o farlocche che siano, gli unici che esultano sono gli avversari. E’ molto probabile che i dissidi interni alle coalizioni che fanno capo a Fi ed al Pd facciano vincere nella Capitale Virginia Raggi del M5s e a Napoli l’uscente sindaco De Magistris. Entrambi miracolati andranno probabilmente l’una al Divino Amore a Roma e l’altro alla Chiesa del Carmine maggiore a Napoli a portare come ringraziamento una candela alla Madonna che ha fatto loro il miracolo.
di Elia Fiorillo